La Voce di Trieste

Parcheggio “Audace”: i molti dubbi sulla realizzazione

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Simulazione del paesaggio in prospettiva (“rendering”) delle rampe di entrata per le auto (documento progettuale “F5 316-001 D OE-360”). Secondo le relazioni di progetto, il “buco” rettangolare dovrebbe ospitare il camino per la ventilazione forzata e dovrebbe essere circondato da un muretto alto 30 centimetri più una barriera in vetro alta un metro. Per lasciare intendere che non vi sia ingombro visivo, il disegno prefigura addirittura la possibilità che i passanti possano cadere nel buco.

Quattro piani interrati, tredici metri di profondità, 5700 metri quadrati di superficie per un totale di 662 posti macchina. Più che un semplice parcheggio, un vero e proprio grande magazzino dell’automobile. Una struttura colossale, eppure – in superficie – sarà quasi invisibile. Costi a parte, s’intende: il prezzo dell’intero complesso supera, infatti, i 27 milioni e mezzo di euro.

Il parcheggio sotterraneo dovrebbe essere edificato tra il Canale di Ponterosso ed il Molo Audace, da cui prende in prestito il nome. Al progetto la Giunta ha dato parere positivo (il Consiglio comunale esprimerà il proprio voto a giorni), a patto che vengano rispettate diverse “prescrizioni”, ma le incertezze riguardanti la sua realizzazione, l’impatto ambientale dell’opera come i problemi che potrebbe comportare non solo alla viabilità ma anche agli edifici storici antistanti (Palazzo Carciotti, Teatro Verdi e la Chiesa di S. Nicolò), sono tutt’altro che superati.

La storia di questo parcheggio non è affatto nuova: inizia nel 2005, quand’è stato inserito in una convenzione ATP/Comune, all’epoca dell’amministrazione Dipiazza. Nel 2008 il Consiglio espresse sullo studio di impatto ambientale un parere contrario, con la morivazione che «il parcheggio […] non è contenuto entro il margine delle aiuole/marciapiedi ma occupa una superficie di circa 1780 mq e relativo sottosuolo ed interessa conseguentemente l’asse viario delle Rive, […] di primaria importanza per la viabilità cittadina». Uno sconfinamento che avrebbe potuto comportare «pericoli di dissesto statico nel corso delle fasi di scavo, stante la specificità dei terreni e la presenza delle rilevanti masse di edifici antistanti» (quelli prima menzionati) che «si reggono su equilibrio delle masse e non con appoggi su terreni consistenti».

Il progetto verrà nuovamente bocciato dal Consiglio Comunale nel 2009, essendo rimasto sostanzialmente inalterato. Modificato e ripresentato nel 2012, il Comune ha chiesto pareri agli uffici pubblici competenti, i quali hanno mostrato come rimangano tuttora diversi punti critici nella realizzazione del progetto: il «rapido degrado» cui sono soggette le corsie di entrata e uscita dal parcheggio sul materiale lapideo, che necessitano di «onerosa e costante manutenzione che comunque non riesce ad assicurare sempre le condizioni di sicurezza»; la presenza di un diaframma rigido a confine tra il terreno alluvionale e la struttura in calcestruzzo armato, che «comporta cedimenti differenziali longitudinali lungo le corsie molto pericolosi per il traffico veicolare e che necessitano di continui ed onerosissimi interventi di ripavimentazione la cui efficacia, per altro, è di durata limitata nel tempo»; le possibili problematiche «legate ad attività extracantiere e/o imprevisti che potrebbero creare situazioni di criticità sulla viabilità provvisoria».

Si dirà che si tratta soltanto di dubbi, che non si può conoscere l’esito del progetto e che pertanto ogni giudizio risulta prematuro. Sì e no: la recente storia di Trieste ha infatti conosciuto quattro progetti simili, i cui risultati si sono dimostrati tutt’altro che ottimi.

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Ne abbiamo chiesto un parere al geologo Livio Sirovich (ricercatore OGS, qui a titolo personale); riassumiamo qui cosa ci ha spiegato l’esperto sull’argomento.

Tutti e quattro i progetti per grandi parcheggi sotterranei proposti a Trieste negli ultimi 18 anni – in aree con sottosuolo soffice – presentavano gravi carenze ed errori progettuali. Per la maggior parte, carenze purtroppo non rilevate dagli Uffici preposti.

Parcheggio sotto Piazza Unità (cassato). Considerate che, nel 1969, la piazza venne interamente sommersa dall’acqua alta; eppure, lo studio di fattibilità non esaminò la necessità di proteggerlo dall’allagamento. I due progettisti scrissero inoltre che la ‘scatola’ del parcheggio non sarebbe stata soggetta alla spinta di Archimede. Vedasi in proposito la presa di posizione pubblica dei migliori ocanografi dell’OGS dell’epoca pubblicata sul Piccolo del 13 febbraio 2008.

Caliterna Muggia. Progettato senza difese dalla marea e con le pareti della ‘scatola’ in metallo (palancole) rette da lunghi tiranti ammorsati in terreni teneri sotto le case. Risultato: a scavo iniziato, grandi spostamenti delle palancole verso l’interno dello scavo (sul metro o giù di lì lungo un tratto in Via Manzoni) e cedimento di alcuni tiranti. Gravi danni e conseguente sgombero di una casa. Conseguente cambio ‘in corsa’ di tutta la progettazione; riempimento completo dello scavo già effettuato ed esecuzione di pareti completamente diverse. Ma il parcheggio rimaneva scoperto dagli allagamenti del mare. Se guardate oggi la piazza da Via Manzoni, notate che si alza verso la baia, quasi fosse la pista di una portaerei. Ciò è dovuto al fatto che successivamente si tentò di arrangiare una difesa dalle maree.

Piazza Ponterosso (cassato). Progetto molto ambizioso, nella piazza cittadina più soggetta alle maree, con le pareti della scatola ad un paio di metri dalla base delle facciate dei palazzi. Fu scelto il sistema costruttivo in cui si parte a scavare e costruire un piano alla volta, dall’alto, predisponendo subito le travi orizzontali in cemento armato destinate a contrastare la spinta dei terreni circostanti e senza l’uso di tiranti (cosiddetto ‘top-down’). Terminato il piano più alto, si scava e rinforza il secondo e così via. Il progetto non considerava adeguatamente i cedimenti (comunque inevitabili) dovuti ad esempio alle operazioni di trivellazione e di scavo nonché alla fisiologica deformazione elastica delle pur massicce opere in cemento armato. Quasi travolto dalle polemiche, il costruttore affidò la nuova progettazione della scatola al famoso Jamiolkowski, quello che aveva raddrizzato la Torre di Pisa. Costui presentò il nuovo progetto alla Camera di Commercio, spiegando che il semplice ‘top-down’ non era sufficiente, che occorreva dotare le travi orizzontali anche di martinetti idraulici, in grado di contrapporre alla spinta dei terreni esterni una spinta ben dosata verso l’esterno; il tutto sotto controllo elettronico. A costi molto alti, ed in più il progetto era nato come un condominio di box e stalli tutti privati, inizialmente senza progettazione delle difese dalla marea; addirittura senza la presenza di personale per gestire le emergenze.

Piazza Vittorio Veneto. Progetto nato con palancole e tiranti immediatamente a ridosso del palazzo delle ferrovie. Polemiche a non finire, diffide dalle Ferrovie, finché un esperto esterno, chiamato a consulto, riuscì accoratamente a convincere i progettisti a cambiare completamente schema di fondazione (fu il prof. ing. Merli dell’università di Bologna). Pare comunque che le Ferrovie abbiano ugualmente subito danni, con significativi indennizzi assicurativi.
Inciso ‘politico’: Ponterosso e Vittorio Veneto furono casi in cui piazze pubbliche venivano destinate interamente a parcheggi condominiali privati; Piazza Unità non si sa.
Dati questi precedenti – prosegue Sirovich – sarebbe utile che questo importantissimo e ‘delicatissimo’ progetto venisse accuratamente vagliato preventivamente dagli Uffici preposti (Provveditorato alle Opere marittime?), meglio se affiancati da qualche esperto super partes.

Ecco, veniamo al progetto attuale.

Simulazione del paesaggio in prospettiva (“rendering”) dell’accesso agli ascensori ed agli ingressi pedonali (medesimo documento progettuale “F5 316-001 D OE-360”). Il disegno non raffigura né la bombatura del selciato per raggiungere quota +2,20 m sul mare, né il muretto alto 30 cm, nè la barriera mobile prevista sulle soglie, né lo stesso ascensore.

“Ho avuto modo di sfogliare frettolosamente soltanto tre elaborati progettuali. Mi guardo bene quindi dall’esprimere pareri. Fra l’altro, mi pare che il gruppo di progettisti sia diverso dai casi che abbiamo visto. Mi è stato comunque spiegato che la ‘scatola’ verrà realizzata prevalentemente col ‘top-down’ ed in parte con palancole tirantate. Ho visto che i tiranti sono lunghi una ventina di metri e si fermano prima delle piante degli edifici storici. Sarebbero però ammorsati in terreni di riporto e in sedimenti soffici. Mi è stato anche spiegato che questo progetto, per la prima volta in Italia, avrebbe ottenuto la deroga antincendi per la ventilazione forzata, al posto di quella naturale. In altre parole, questo parcheggio non dovrebbe avere le centinaia di metri quadrati di antiestetiche griglie metalliche di aereazione a pavimento (che invece vedete in Foro Ulpiano, in Piazza Vittorio Veneto e a San Giacomo); griglie, oltretutto, difficili da difendere dalle maree. Pare che le possibili vie di ingresso della marea (entrate stradali, pedonali, ascensori, camini per l’aereazione forzata) verranno protette posizionandole a quota 2,50 metri sul mare (la marea del 1969 fu di circa 2 metri). Sarebbero annunciate anche barriere metalliche mobili automatiche. Chiedo scusa se non ho capito le gentili spiegazioni informalmente ricevute a proposito dei provvedimenti tecnici contro la spinta di Archimede”.

Il parcheggio sarebbe ben difeso dalle maree?

“L’area è un po’ meno esposta di Ponterosso perché disposta qualche decina di centimentri più in alto. Tuttavia, il lastrico attuale si troverebbe a tratti a quote di circa 1,2-1,5 metri e quindi, per raggiungere le quote dichiarate di sicurezza (2,5 m), in alcune zone mancherebbero 1-1,3 metri. Dalla visione affrettata delle planimetrie e dei disegni di simulazione del paesaggio in prospettiva (‘rendering’) mi sembra di poter osservare che: a) i rendering non sono fedeli perché minimizzano l’altezza di cordoli e muretti; b) i progettisti sembrano avere raggiunto lo scopo di passare dalle quote delle banchine ai famosi 2,5 metri sul mare soprattutto realizzando lastricati in lieve salita. Può darsi che l’effetto estetico sarà accettabile, può darsi che queste ‘bombature’ in corrispondenza del parcheggio davanti a Palazzo Carciotti ed alla Chiesa dei Greci si noteranno; non so”.

Altri dubbi?

“La delibera comunale, prossimamente in discussione in Consiglio, contiene vari punti non chiari, in particolare il punto A.7 di pag. 15: «[…] obbligo da parte della Società ad esplicitare, con una specifica relazione tecnica […] i sistemi costruttivi, gli impianti manuali e/o automatici comprendente anche il relativo protocollo di sicurezza/emergenza da adottarsi in previsione ed all’atto del verificarsi di episodi di ingressione marina nel parcheggio interrato». Mi sembra che chi ha scritto questo paragrafo dimostri di non aver capito cosa sia la prevenzione dei danni da acqua alta. Quando l’acqua «ingredisce nel parcheggio», la frittata ahimé è già fatta, e poi le opere di difesa dalla marea etc. devono entrare nel progetto prima dell’approvazione, e non venire chieste come una prescrizione per il futuro”.

© 24 Luglio 2013

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