La Voce di Trieste

Pubblica sicurezza a Trieste, il caso di Rozzol Melara

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Nonostante le proteste perfettamente motivate e le manifestazioni sul posto di cittadini e sindacati di polizia, e contrariamente a quanto ha fatto credere di recente alla città l’acquiescente quotidiano locale Il Piccolo, il Questore ha disposto il trasferimento al Commissariato di San Sabba delle funzioni attive di pronto intervento, indagine e polizia giudiziaria del Commissariato cruciale del ‘quadrilatero’ Ater di Rozzol Melara, conservandone soltanto alcuni ruoli burocratici passivi con personale interno e drasticamente ridotto. Declassandolo di fatto il Commissariato a semplice posto di polizia.

La particolare architettura ghettizzante

Ed il tutto eludendo sorprendentemente il dialogo anche con i sindacati di Polizia. Secondo informazioni che abbiamo avuto da Roma quest’atteggiamento inatteso sarebbe dovuto, qui ed altrove, a direttive riservate ai Questori di concentrare le forze diffuse sul territorio per creare maggiori disponibilità locali di agenti in pronto intervento di ordine pubblico. Nella previsione di dover fronteggiare l’incremento di proteste e disordini di piazza cui si sta avviando il Paese con l’aggravarsi della crisi economica a danno delle categorie più deboli.

Dov’è dunque il problema per questo commissariato periferico triestino piuttosto che per altri? Proprio in quel mostro edilizio, ma anche miracolo umano e sociale che è il ‘quadrilatero’ di Rozzol Melara.

Un mostro edilizio

É un mostro edilizio, perché ha replicato nei suoi interminabili anni di costruzione, dal 1969 al 1982, con ottusità provinciale e scempio paesaggistico intollerabile, vecchi schemi concentrazionari di edilizia popolare cementizia a blocchi con viabilità interna coperta, per 2500 abitanti in 468 appartamenti su 10 piani e gigantesche palafitte. Schemi costruttivi già inventati e falliti da quasi un secolo (Le Corbusier a Marsiglia, per non parlare poi di Napoli) perché pretendono, con scelte estreme di arroganza pseudorazionalista, di imporre utopie e strutture architettoniche agli esseri umani ed all’ambiente, invece di adattarle ad essi.

Si tratta perciò di un’inversione megalomane del principio d’armonia naturale, che a Trieste vediamo prepotentemente manifestata anche dalle non meno orrende costruzioni coeve di pari concezione ed impatto visivo delle strutture funzionalmente assurde dell’ospedale di Cattinara, e di quelle in realtà profanissime scelte per il ‘Tempio mariano’ sul monte Grisa.

L’enorme ‘quadrilatero’ di abitazioni popolari in cemento armato concentrate e sovrapposte su piloni attorno ad un grande spazio vuoto, e collegate soltanto da strade interne coperte, aggiunge però all’antiestetica la caratteristica di essere una struttura quasi incontrollabile al normale contrasto anticrimine, perché offre spazi e coperture ottimali all’esercizio inosservato ed impunito di violenze, spaccio di droghe, furti, omicidi ed altri reati di massima pericolosità sociale. Dei quali tenderebbe perciò, se abbandonata e se stessa, a divenire un ghetto e focolaio centrale per tutta la città e la provincia. Ed all’inizio tendeva infatti diventarlo.

Ma anche un miracolo umano

Ma proprio per questo Rozzol Melara è anche miracolo umano e sociale a vanto di Trieste, perché è forse l’unico esempio noto di quel genere di strutture abitative popolari che sia stato invece trasformato con successo in una comunità armonica, normale quanto un villaggio o rione tradizionale di case separate e di vie aperte.

Foto tratta dal blog: slideshowrozzolmelara.wordpress.com

E questo miracolo è stato ed è il frutto dello sforzo costante, congiunto ed a dimensione umana degli abitanti assieme alla parrocchia, al Commissariato di polizia, all’assistenza sanitaria ed ai settori pertinenti del Comune. Oggi vi si respira così un’aria invidiabile di serenità e comunità, anche se le segnalazioni di problemi, incluse infiltrazioni di persone e gruppi pericolosi, non mancano nemmeno qui, e questo valore conseguito dev’essere perciò difeso da ogni possibile involuzione con attenzione ed interventi continui di polizia, oltre che sociali e spirituali.

Se mancheranno dunque quelli attivi e decisivi dell’apposito Commissariato, messo proprio a questo scopo accanto al ‘quadrilatero’ anche se al servizio di un’area molto più ampia, la previsione involutiva è di natura e rapidità ovvie: il lavoro fatto e gli equilibri raggiunti in decenni finiranno rapidamente distrutti nell’arco di pochi mesi, perché incominceranno ben presto ad alzare la cresta dei teppisti, che la gente sarà sempre più restìa a denunciare per timore di ritorsioni; incominceranno progressivamente spaccio di droghe, furti, violenze private, vandalismi e mobbing a danno dei residenti normali, ed il gigantesco ‘quadrilatero’ su palafitte diventerà un bubbone di degrado invivibile per chi ci abita, e pericoloso per la città intera. Ed occorreranno personale ed interventi straordinari di pubblica sicurezza, per anni, prima di poter ripristinare lo stato di serenità attuale.

Il contesto nazionale

Questo problema del microcosmo triestino e le direttive che lo stanno generando si inseriscono inoltre in un contesto nazionale italiano sempre più preoccupante per la sicurezza pubblica, dove a fronte di previsioni d’impieghi straordinari in ordine pubblico in piazza (che stanno trovando riscontri sempre più concreti) il servizio quotidiano ordinario ai cittadini ed alla collettività soffre tagli di risorse e di organici così gravi da minarne l’efficienza al punto da far scendere in piazza unitariamente le stesse rappresentanze delle forze di polizia italiane.

Per denunciare responsabilmente esse medesime le proprie difficoltà conseguenti sia in tema di prevenzione e repressione della criminalità comune, sia ed ancor peggio nei confronti delle strutture e dei traffici di droga, armi e persone della criminalità organizzata italiana ed internazionale, sempre più pervasiva e potente perché dispone invece di mezzi economici e di ricambi di personale praticamente illimitati. Lo stesso antiterrorismo lo si può inoltre delegare solo sino ad un certo punto agli USA e ad agli altri Paesi più impegnati.

Un'altra veduta del "quadrilatero"

La specialità negativa di Trieste

E tutti gli addetti ai lavori sanno bene che la zona pur sempre confinaria di Trieste, sotto una copertura formale di tranquillità per quanto riguarda la criminalità comune più vistosa e le infiltrazioni mafiose di basso livello, non è affetto secondaria per tutti gli altri aspetti. Per i quali Trieste richiederebbe anzi e da tempo un riordino complessivo serio e mirato. Senza mettersi a ritrasformare assurdamente proprio adesso Rozzol Melara in una terra di nessuno. Ci ripensino dunque Ministero e Questore.

© 24 Novembre 2012

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