La Voce di Trieste

Wwf: “In aumento in Fvg le emissioni di gas serra”

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Gli effetti locali dei cambiamenti climatici

Un pranzo con i piedi immersi in acqua per attirare l’attenzione sugli effetti che il fenomeno globale del cambiamenti climatici avrà a livello locale sull’innalzamento del livello del mare e sull’erosione delle coste: è la particolare manifestazione inscenata l’8 dicembre sulla spiaggia di Grado da un gruppo di attivisti del WWF regionale (www.wwf.it/client/render.aspx?root=1105).  Un’occasione anche per ricordare che i temi di cui si sta parlando in questi giorni alla Conferenza sul clima in corso a Durban in Sudafrica, ci riguardano tutti da vicino. E che le soluzioni per contrastare questi cambiamenti epocali ci sono e andrebbero adottate con estrema urgenza.

«Per stabilizzare l’incremento della temperatura media del pianeta su non più di 2°C – ricorda il WWF – bisognerebbe ridurre almeno del 60-85% entro il 2050, rispetto ai livelli del 1990, le emissioni di “gas ad effetto serra”, il principale dei quali è l’anidride carbonica (CO2). Ciò significa ovviamente investire massicciamente nella riconversione di tutti gli usi energetici, in direzione del risparmio (i cui margini sono enormi, con le tecnologie già oggi disponibili) e della sostituzione delle fonti fossili – carbone, petrolio e gas – con fonti rinnovabili. E se l’Italia, com’è emerso in questi giorni dalla conferenza in corso a Durban, non ha ancora una strategia globale sul clima che rifletta una vera e propria ambizione di raggiungere un’economia a basse emissioni di carbonio, la nostra regione non sembra essere da meno.

In Friuli-Venezia Giulia – sottolinea il WWF – le emissioni di CO2 sono aumentate del 14,1% tra il 1990 e il 2005 (ultimo dato disponibile), cioè da poco meno di 11,5 milioni di tonn/anno a oltre 13 milioni, con un trend quindi ancora peggiore di quello medio nazionale, già pessimo. Se si aggiunge il contributo della centrale termoelettrica da 800 MW di Torviscosa – entrata in servizio dopo il 2005 – al conto delle emissioni di CO2 del FVG, bisognerebbe aggiungere almeno altri 2 milioni di tonnellate annue, che diventerebbero 3 milioni contando anche l’apporto della progettata (ma non ancora autorizzata) centrale da 400 MW nel porto di Trieste, con un incremento quindi del 40% rispetto ai livelli del 1990. Questo senza contare gli apporti di altri impianti energetici minori e di altri settori, quali soprattutto quello dei trasporti (trend in crescita dal 23% a quasi il 28% delle emissioni fra il 1990 al 2008).

“Questi – continua il WWF – sono gli effetti della mancanza di qualsiasi decente programma di intervento nei settori dell’energia e delle emissioni nell’atmosfera, settori nei quali il FVG sconta un ritardo – culturale e politico – impressionante, che coinvolge l’intera classe dirigente regionale. Continuano infatti ad essere autorizzati impianti industriali ad elevata intensità di consumi energetici e di emissioni climalteranti, in assenza di adeguati interventi compensativi (come ad es. la creazione di nuove aree boscate in grado di assorbire l’incremento delle emissioni di CO2), mentre soltanto grandi mobilitazioni popolari hanno impedito l’insediamento di alcune industrie particolarmente inquinanti (ad es. nel caso del grande cementificio previsto a Torviscosa).

Così anche nel settore dei trasporti, lo sforzo di gran lunga prevalente è rivolto alla costruzione di nuove infrastrutture (per la quasi totalità stradali e autostradali), per lo più al fine di venire incontro alle richieste di alcune categorie economiche e nel contempo – utilizzando il pretesto della crisi economica – con l’obiettivo dichiarato di “rilanciare l’economia (cioè il PIL)” nel breve termine, attraverso la spesa pubblica.

Il tutto continuando a riproporre pervicacemente il modello di trasporto insostenibile, fondato sulla “dittatura della gomma”, senza cioè una strategia per il riequilibrio modale dei trasporti, che richiederebbe non tanto nuove infrastrutture, quanto un approccio sistemico per far funzionare e utilizzare al meglio quelle che già ci sono: questo in particolare nel settore ferroviario, dove esistono potenzialità notevolissime di miglioramento e di assorbimento di quote importanti di trasporto merci e persone, a scapito della strada. Solo che lo si voglia. Si impegnano così risorse colossali (2,3 miliardi di Euro già stanziati per la III corsia della A4, circa 400 milioni per l’ampliamento della Villesse-Gorizia, circa 2,5 miliardi stimati per l’autostrada Carnia-Cadore, 1 miliardo per la Cimpello – Gemona, almeno 8,6 miliardi previsti per la TAV Venezia-Trieste-Divaccia) per opere che da un lato aumenteranno lo squilibrio nel trasporto a vantaggio della gomma, dall’altro – la TAV – non potranno verosimilmente mai essere realizzate, ma assorbiranno per anni risorse umane ed economiche in progettazioni assurde, mentre il trasporto ferroviario “normale” langue e vede ridotto sempre più il suo peso sul totale. Quel che è certo, è che le grandi opere previste richiederanno grandi quantità di cemento e di inerti, contribuendo in misura rilevante, anche per questa via, all’incremento delle emissioni di “gas serra”.

Si instaurerà così un circuito perverso, in base al quale la costruzione di strade e autostrade richiederà sempre maggiori estrazioni di inerti e di calcare, per procurare i quali si amplieranno non soltanto le cave esistenti in area carsica, ma si incrementerà l’estrazione di inerti dagli alvei dei fiumi di pianura, che quindi non potranno più contribuire al ripascimento dei litorali.

Spiagge e litorali saranno sempre più alla mercé degli eventi meteorici estremi (mareggiate, ecc.), favoriti dai cambiamenti climatici, e vittime dell’innalzamento del livello del mare, anch’esso conseguenza del riscaldamento globale».

© 12 Dicembre 2011

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