La Voce di Trieste

Protesta studentesca, la voce dei professori… e non solo

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I dubbi e le perplessità sulloccupazione e lautogestione

In questi giorni radio e stampa locali in questi giorni non hanno fatto altro che presentare gli studenti in rivolta, accampati in piazza Unità da diversi giorni, come delle povere vittime inascoltate e cacciate dalle scuole. La dirigente scolastica Maria Cristina Rocco, che quest’anno ha in reggenza l’ISIS CarducciDante (www.Carducci-ts.it) oltre che il Deledda (www.itasdeledda-trieste.it) ci fornisce una versione dei fatti interessante, che riteniamo doveroso far conoscere: «Fin dallinizio ho dato la disponibilità a collaborare con gli studenti per trovare spazi alternativi in cui organizzare dibattiti e conferenze per approfondire le ragioni del loro disagio. Mi spiego: in concreto alla delegazione di quattro studenti (tre del Carducci e uno del Dante) che ho ricevuto nel mio ufficio martedì 25 alle ore 13.30 (e l’incontro è durato un’ora e mezza….non poco direi!), ho dato la disponibilità dei locali delle tre sedi e dellAula Magna in orario extrascolastico (pomeridiano e anche serale) per attività e incontri programmati. Potevano cioè usare quegli spazi per “laboratori di discussione” con docenti (disponibili non in orario di servizio), esperti esterni autorizzati ed invitare relatori, genitori e docenti a conferenze serali. Questo avrebbe permesso di svolgere regolarmente lattività didattica, che è la ragione prima per cui c’è la scuola, e anche di realizzare il loro sacrosanto desiderio di discutere (ma in modo serio e costruttivo) la situazione sociale ed economica attuale e verificare prospettive e problemi relativi al loro futuro. Sarei stata ben orgogliosa di aiutarli ad attivare quindi iniziative che avrebbero prodotto materiali, documenti da rendere noti magari in occasione delle elezioni degli organi collegiali (una mostra? forse…o altro) o articoli da pubblicare sulla stampa ecc. E così avrebbero potuto coinvolgere in queste discussioni anche i compagni che, di fronte alla scelta tra il lavoro scolastico e quella cosa che loro hanno chiamato “autogestione” e che poi è degenerata, hanno optato per la lezione. Che altro dire? Mi spiace che siano convinti che per avere visibilità debbano dormire nelle scuole la notte o imporre la discussione in tempi che non sono preposti a quello scopo se prima non sono organizzati e autorizzati».

Non solo Maria Cristina Rocco ha dimostrato simili aperture, ma anche altri presidi delle scuole di Trieste. Martedì 8 novembre è iniziata, con una assemblea straordinaria in tutte le scuole di Trieste, lautogestione il che significa che gli studenti potevano tenere delle lezioni di varia natura, non direttamente collegate ad argomenti scolastici. In un momento di pausa, ho preso parte anch’io ad una di queste sedute: per più di un’ora due studentesse del quinto anno hanno parlato di quanto sia bello, importante, illuminante trascorre il quarto anno scolastico in scambio allestero, tralasciando però un piccolo particolare, e cioè che farlo, comporta una spesa che può arrivare anche a ottomila euro. E quando io sono intervenuta, interrompendo lo sproloquio della ragazzina e ho chiesto di parlare di vile denaro, la fanciulla in questione si è quasi risentita che io le abbia rovinato l’attenzione dell’uditorio. Ma dico io: c’è bisogno dell’autogestione per avere simili informazioni, oltre tutto incomplete e forvianti?

Ma vogliamo discutere delle interviste rilasciate alle emittenti radiofoniche e ai giornali locali? Discorsi privi di logica e di contenuto. Un esimio rappresentante degli studenti sosteneva che ora, grazie all’occupazione, finalmente gli studenti hanno avuto la possibilità di leggere i giornali e di capire che cosa sta succedendo nel mondo. Per fortuna che c’è stata l’autogestione, altrimenti i poveri ragazzi sarebbero rimasti ignoranti chissà fino a quando. Ogni scuola di Trieste ha scelto forme diverse per gestire la situazione. Per esempio all’ISIS CarducciDante (www.Carducci-ts.it)  le lezioni si potevano svolgere regolarmente in presenza di qualsiasi numero di allievi, mentre si potevano interrogare solo gli studenti che si annunciano spontaneamente e in caso fosse stata presente la maggioranza degli allievi si potevano svolgere anche verifiche già programmate. Poi in seguito ad un increscioso episodio accaduto nella succursale di via Corsi, a partire dal 28 ottobre l’accesso all’edificio è stato consentito solo agli studenti che intendevano svolgere regolarmente le lezioni. Sempre in questa scuola, gli assenti alle lezioni, anche se registrati sugli elenchi di autogestione, non erano giustificati (http://www.carducci-ts.it/circolari/circolare_102.htm).

Al liceo Oberdan (www.liceo-oberdan.it), invece, agli studenti è stata concessa la possibilità di svolgere attività autogestite in due fasce orarie (dalle 8.10 alle 10.04 e dalle 10.16 alle 12.10) in luoghi definiti e concordati. Tali attività potevano essere frequentate dagli studenti in alternativa alle lezioni curricolari che si svolgevano regolarmente per tutti gli studenti che non intendevano partecipare alle attività autogestite. Dalle ore 12.10 le lezioni erano esclusivamente curricolari. (http://www.liceo-oberdan.it/index.php?option=com_content&task=view&id=396&Itemid=62).
Ben diversa la situazione al Liceo Petrarca (www.liceopetrarcats.it), dove c’era un misto di  lezioni (2 ore) e autogestione (4 ore). Al Volta (www.volta.ts.it/home.asp) invece la circolare n 60 comunica il 22 ottobre la conclusione dell’autogestione da parte degli studenti, il cui protrarsi avrebbe compromesso significativamente il quadrimestre che si chiude con la fine del mese di dicembre. Ai ragazzi è stata comunque offerta la possibilità di usufruire di alcuni locali della scuola in orario pomeridiano per perfezionare gli eventuali documenti che intendessero presentare alla stampa e ai rappresentanti politici. Lunedì 24 ottobre pertanto le lezioni sono state regolarmente riprese. (http://www.volta.ts.it/ELENCO_CIRCOLARI/60%20fine%20autogestione_ai%20genitori.pdf)

Una studentessa del Petrarca dice: «Da noi hanno scelto l’autogestione e domani si faranno sei  ore di nulla, niente lezioni, niente interrogazioni! Cosa facciamo? Io rivoglio le lezioni normali, stiamo perdendo tempo, si protesta, neanche si sa per cosa, alla fine, non si risolverà nulla, come sempre. Oggi  quattro ore ad ascoltare la gente incapace di fare un’assemblea, mica mettersi d’accordo. Voglio finire le interrogazioni di questa settimana, così la settimana delle vacanze sarò tranquilla. È un caos totale, non si capisce più nulla!»

Due studenti dellOberdan, presi al volo fuori di scuola, alla domanda: come sta andando? Rispondono con un sorriso un po’ tirato: «Siamo stanchi di non far nulla». Il che la dice lunga.

Uno studente, che ha finito da un pezzo le superiori  e che adesso si trova all’estero per lavoro, rilascia questa osservazione di fronte agli eventi: «Che sia un retaggio del ’68?».

Ma qualcun altro incalza: «Macché rivoluzione e rivoluzione, qui si tratta di negare il sacrosanto diritto allo studio a chi vuole studiare... io me le ricordo le assemblee studentesche del passato. Queste fanno ridere i polli e chi le dirige non sa nemmeno parlare in italiano!». Un insegnante del Petrarca sostiene: «A forza di abusarne, l’occupazione, l’autogestione ecc.  stanno diventando un trito rituale, un po’ come il ponte dei morti, la cena di matura, i gavettoni. Che noia!». E sempre dal Petrarca una prof incalza: «Io in genere sono contenta se riscontro nei ragazzi una presa di posizione seria e consapevole, mi pare sia un ottimo segnale se in questa società così frivola, superficiale e vanesia spuntano germogli di impegno e responsabilità. Però le forme ed i modi che stanno assumendo queste proteste, da trito rituale, tendono ad andare nella direzione esattamente opposta. E così la critica e la protesta, che sarebbero sacrosante se consapevoli e costruttive, fanno fare ai loro attori solo una molto discutibile figura. Peccato».
Un professore del CarducciDante sottoscrive  in toto: «Quando si parla di “debolezza” delle nuove generazioni, va inclusa anche la debolezza politica e progettuale… quando le generazioni perdono la coscienza politica e progettuale (che è altro da “coscienza ideologica”), perdono il senso di comunità ed in definitiva il senso di necessità di costruire il futuro. In altre parole, dalla debolezza odierna si induce una prospettiva “politica” (=di gestione della comunità) ancora più nera. Morale: tra trent’ anni, avemmo politici ancora peggiori degli odierni? Ditemi di no, vi prego!»

Ma c’è anche chi, come genitore esprime le sue perplessità. Così ci racconta Stefano: «Voglio solo dire che è molto difficile per noi genitori capire cosa esattamente stia succedendo. Una volta c’erano le occupazioni, c’erano quelli dentro e quelli fuori. Stop. Chi stava dentro si assumeva le sue responsabilità. Ora alcuni sono in classe, altri in assemblea, altri a fantomatici corsi, il tutto, sembra, con il “beneplacito” della direzione scolastica. Non riesco a capire (e penso non lo sappiano nemmeno loro) quali saranno le conseguenze, se vi saranno, di tutto questo (a parte l’ignoranza…)». Ma cè anche qualche genitore che per paura che al figlio succeda qualcosa, non lo manda nemmeno a scuola e sostiene: io ho pagato per mandare a scuola mio figlio. Perché la scuola non mi garantisce il servizio? È un vero schifo!

Massimiliano Fermo, che si occupa di logistica nelle scuole della nostra provincia, proprio la scorsa settimana si è trovato a toccare con mano il disastro che gli studenti del Galvani (www.galvanitrieste.it) hanno fatto nella loro scuola a Campanelle. Ecco la sua testimonianza: «Io ho frequentato il Galvani e mi ricordo perfettamente tutte le difficoltà che avevo quando volevo frequentare le lezioni e i miei amati compagni non ne volevano sapere e improvvisavano scioperi per cause banali. Sono passati ventanni e non è cambiato niente o meglio, è peggiorato. A quell’età queste cose vengono fatte solamente perché non si ha tanta voglia di seguire la disciplina scolastica che è comunque sempre troppo poca, e , secondo me, troppo poco potere viene dato ai professori per poter crescere le persone in una fase delicata della loro esistenza! Posso dire che i signori studenti del Galvani di Campanelle manco immaginano quanto costerà alla Provincia e di conseguenza ai loro genitori e ai contribuenti la loro bravata di aver accatastato banchi e sedie, aver divelto porte e arredi e aver incatenato le uscite di emergenza buttando le chiavi dei lucchetti. Che bel modo di protestare! Qui ci si è limitati a ledere strutture pubbliche e a vietare dittatorialmente a chi voleva fare lezione di usufruire dei propri diritti, senza concludere niente! Mi dispiace molto per quegli studenti che non approvano queste decisioni e lo so che sono in tanti. Chi invece è ideatore di queste scemenze formato moda ventunesimo secolo, dovrebbe assaggiare un po’ di quella scuola che frequentavano i nostri nonni che fino a prova contraria “sfornava” persone forti, rispettose e competenti, in grado di lottare per le giuste cause con cognizione e capacità! Scusate lo sfogo».

Tutto questo per dire che è sempre importante considerare una vicenda da più punti di vista. E questa è la versione che mancava.

© 2 Novembre 2011

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