La Voce di Trieste

L’Europa contesta la sicurezza delle industrie pericolose a Trieste

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Tra le iniziative di Greenaction Transnational ci sono dall’autunno 2007 anche una denuncia ed una petizione alle autorità europee sulle violazioni impunite a Trieste della Direttiva Seveso, che dal 1982, a seguito della catastrofe appunto di Seveso del 1976 ed altre successive impone precise misure di sicurezza civile per gli impianti industriali a rischio di incidenti rilevanti.

A Trieste gli impianti di questo genere ? tra i quali il terminale petrolifero più grande del Mediterraneo, depositi costieri di combustibili, ossigeno liquido, formaldeide, e lo stabilimento siderurgico di Servola ? si trovano abnormemente inseriti nel tessuto portuale ed abitativo della città e degli abitati periferici, e sono concentrati in maniera tale da poter dare luogo anche ad incidenti (in particolare esplosioni ed incendi) a catena.

Questa situazione pone a rischio gravissimo e diretto l’incolumità personale ed i beni di decine di migliaia di abitanti sia della città e dintorni, in Italia, che del territori adiacenti della Slovenia. Il problema è perciò anche internazionale.

Nonostante tutto ciò a Trieste le violazioni delle norme di sicurezza della direttiva Seveso sono  continuate per decenni, così come le discariche di rifiuti tossico-nocivi nelle aree industriali, sotto costanti e scandalose coperture politiche, istituzionali e di stampa. Infrangendo così anche quei criteri criterio di corretta e prudente gestione industriale del territorio e delle fabbriche che avrebbero dovuto venire garantiti, oltre che dai sindacati, dalla stessa Associazione degli Industriali triestina.

Anche di fronte all’istruttoria avviata dagli organi europei le autorità nazionali italiane, sentite quelle locali, non sembrano essersi preoccupate di tutelare le popolazioni dal rischio ma soltanto di evitare la procedura d’infrazione europea. Hanno fornito infatti a Bruxelles risposte fuorvianti affermando che nel frattempo erano stati assunti i provvedimenti doverosi. Invece erano solo palliativi formali.

Accertato anche questo, la Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo ha comunicato ora a Greenaction, con nota datata 8 settembre, che a seguito di quelle risposte delle autorità italiane la Commissione Europea ha confermato definitivamente il procedimento di infrazione nei confronti dell’Italia. Le contesta la violazione dell’articolo 13 paragrafo 1 della Direttiva Seveso 96/82/CE, che impone di predisporre misure di sicurezza effettive per gli incidenti agli impianti a rischio, in questo caso quelli della Zona Industriale di Trieste.

Devono essere infatti ancora adottati i previsti piani di emergenza esterni per incidenti a singoli impianti o concatenati, con informazione e partecipazione diretta della popolazione anche alle prove sul campo. L’addestramento della popolazione ad affrontare le emergenze è obbligatorio ogni tre anni.

Greenaction ha denunciato alla Commissione Europea anche il fatto che le autorità italiane e la multinazionale Gas Natural tentano di imporre in quella stessa zona industriale ad altissimo rischio, e priva di piani d’emergenza efficaci, l’inserimento (tra oleodotto, ferriera e serbatoi di idrocarburi) di un rigassificatore. Che moltiplicherebbe perciò i rischi d’incidente catastrofico spontanei, aggiungedovi quelli di attentati dai quali la conformazjone dei luoghi non consentirebbe di difendere né i serbatoi, né le navi gasiere.

© 19 Settembre 2011

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