La Voce di Trieste

Trieste: l’imbroglio dell’Expo 2008 ed alcune indagini da approfondire

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Commento investigativo

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Vi ricordate la messinscena abnorme nel 2004, trainata dall’allora sindaco Dipiazza, per la candidatura di Trieste all’Expo internazionale 2008?

Benché vincerla fosse palesemente impossibile perché la città non ne aveva i requisiti, la sceneggiata riuscì ad agganciare tutte le istituzioni ed media, più sponsor privati, parte dell’opinione pubblica cittadina ed interventi del governo come se fosse una cosa seria. E molti credono ancora che sia fallità per chissà quali complotti.

Nel concreto invece l’operazione si riduceva ad un pretesto evidente della ‘casta’ locale per sperperare allegramente una valanga di denaro pubblico in consulenze, pubblicità, viaggi di rappresentanza ed annessi. Favorendo contemporaneamente col pretesto dell’Expo l’urbanizzazione speculativa edilizia ed immobiliare illegittima del Porto Franco Nord (c.d. portovecchio) ora forzata rovinosamente da Dipiazza e Boniciolli giusto a fine mandati.

Allora i responsabili fingevano di non sentire chi spiegava già che oltre ad essere impossibile qui, l’Expo avrebbe fatto danni superiori all’asserito vantaggio turistico e d’immagine. Assegnata infatti Saragozza, dove ce n’erano gli spazi, vi lasciò pesanti danni ambientali ed un passivo da mezzo milione di visitatori in meno del previsto e 30 milioni di euro di spese in più. Mentre qui il Dipiazza dichiarava disinvolto al Piccolo che riteneva una fortuna non aver vinto una fregatura simile.

Vero, ma lui ne era il promotore principale. E chi risponde qui del danno erariale dell’enormità di denaro pubblico speso scientemente a vuoto per ottenerla? La domanda ritorna attuale perché la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per danno erariale di tre dirigenti della società Trieste Expo Challenge costituita allora da Comune, Provincia e Camera di Commercio per promuovere la candidatura assurda.

La contestazione ha riguardato però soltanto quei tre esecutori, e nessuno dei responsabili politici, per un un inghippo secondario da 55mila euro. Che sono briciole, di denaro e di responsabilità, se le confrontiamo con l’imbroglio generale di cui dovrebbero invece esser chiamati a rispondere quei dirigenti politici ed amministratori pubblici capitanati dal sindaco.

Rimane quindi evidente che gli inquirenti dovrebbero approfondire le indagini nella direzione dei danni e dei responsabili maggiori, prima che vada anche questo in prescrizione. Perché altrimenti costoro continueranno a dar l’impressione di poter godere a Trieste di impunità costanti quanto anomale. E questo richiederebbe a sua volta indagini puntuali e spiegazioni convincenti.

Paolo G. Parovel

© 10 Giugno 2011

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