La Voce di Trieste

Progetti eccessivi di ormeggi e barriere sottomarine rischiose da Pirano a Trieste

di

Ambiente e paesaggio

Nei bacini marittimi terminali limitati e semichiusi come quello adriatico del Golfo di Trieste anche i sovraccarichi di strutture nautiche e gli interventi sui fondali rischiano di avere nfluenze rilevanti sugli equilibri dell’intero sistema di acque, coste e paesaggio. Qui condivise da tre Paesi confinanti, Italia, Slovenia e Croazia, cui le norme europee ed internazionali danno perciò pari titolo ad intervenire su quel genere di impianti, così come per  le strutture portuali, industriali ed altre. Sul versante italiano è il caso, in particolare, del porto e della costa di Trieste.

Ma anche il paesaggio e l’ecosistema marino del breve litorale sloveno dell’Istria rischiano ora di venire rovinati presso Fjesa -Fiesso nel settore ancora intatto tra Piran – Pirano la penisola di Strunjan – Strugnano (importante parco regionale e riserva naturale) da un progetto dello stesso Comune di Pirano. Che vuole realizzarvi 200 metri al largo una lunga linea di ormeggi temporanei parallela alla costa e formata da 350-500 ancoraggi a corpo morto, costituiti da boe assicurate a blocchi di cemento affondati a 50 metri l’uno dall’altro (vedi illustrazione).

La spesa prevista è di 800.000 euro ed il Comune intenderebbe avviare le opere già nella primavera del 2012, terminandole entro l’estate. L’allarme è stato diffuso dall’organizzazione ambientalista internazionale Alpe Adria Green. http://alpeadriagreen.wordpress.com/

Si tratta in sostanza di un ‘marina’ improprio e pericoloso anche per le barche, perché privo di dighe di protezione dalle mareggiate ed esposto alle intemperie, in particolare al forte vento di bora. I blocchi sarebbero lunghi e larghi 5 metri, alti 2.4 e collegati tra loro con catene, e formerebbero anche una barriera sottomarina.

Ai rischi nautici si accompagnerebbero dunque l’alterazione strutturale, e di conseguenza biologica, dei fondali ed il danno paesaggistico della vista di una fila lunga un miglio di centinaia di barche. Che produrrebbero inoltre una quantità proporzionale di rifiuti e residui di carburante, inquinando il mare e la costa aperta, compromettendovi così anchela balneazione.

Gli specialisti della qualificatissima Morska biološka postaja Piran – Stazione biologica marina di Pirano – Marine Biology Station Piran e dell’Unità locale di tutela ambientale  si erano già opposti alla creazione di barriere sottomarine, poiché questo genere di strutture artificiali può avere effetti positivi ma anche, ed ancor più spesso, negativi.

Le barriere sottomarine artificiali, di qualsiasi genere ed entità, rischiano infatti di alterare radicalmente i tratti di mare integri che hanno un ecosistema equilibrato con biodiversità elevate, e non di scogliera. Come tra Pirano e Strugnano, e lungo la costiera triestina, dove si progetta di realizzare barriere addirittura affondando delle navi in disarmo di cui la Marina militare italiana si sbarazzerebbe così a costi minimi.

Possono invece risultare utili dove il mare sia biologicamente degradato, ed anche per deviare o contenere inquinamenti chimici o biologici (da scarichi fognari, piscicoltura, industrie, ecc.). Ma in tutti casi la progettazione e la posa di barriere sottomarine richiedono studi preliminari accuratissimi ed adeguati sullo stato esistente delle acque, dei sedimenti, delle correnti, degli ecosistemi e delle modifiche fisiche e biologiche che l’intervento vi potrebbe arrecare sia sul posto che in tutte le aree su cui potrebbero comunque influire. (pgp)

© 4 Ottobre 2011

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