La Voce di Trieste

Anomalìe nella Chiesa cattolica daTrieste sino all’Istria croata

di

Osservatorio sulla Mitteleuropa

É da tempo che lettori di vario orientamento in materia di religione ci chiedono perché non abbiamo ancora scritto nulla sulle polemiche attorno al nuovo vescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi, e ad altre discusse vicende recenti della Chiesa cattolica fra Trieste e l’Istria croata, anche in relazione ai rapporti tra Italia e Croazia.

Il motivo del nostro ritardo è la prudenza riflessiva necessaria per affrontare seriamente un ambito di questioni complesse, che vengono rappresentate per lo più dai media con superficialità spesso faziosa e coinvolgendo strutture ecclesiali si riflettono sul sentimento religioso delle persone, meritevole in sé di ogni rispetto.

Religione, ragione e legittimità

Contrariamente a quanto ritiene il pensiero materialista, il sentimento religioso è infatti espressione necessaria della ragione perché consiste nell’accettazione della scoperta razionale dell’esistenza di un’immensità universale inconoscibile. Ed il fatto ovvio che quest’accettazione si manifesti con i linguaggi simbolici, storici e dottrinali di culture diverse, con diversa efficacia e leggibilità nel tempo, non dovrebbe farne dimenticare la funzione essenziale comune. Anche perché la sua rimozione è irragionevole e dannosa quanto l’abuso.

In quest’ambito la Chiesa cattolica ha legittimità e funzione positiva nella misura in cui risponde al sentimento religioso delle persone diffondendo l’insegnamento evangelico di fede e compassione, ed applicandolo nella società in opposizione alle disperazioni ed alle ingiustizie. Dove e quando invece ne devìa diventa nemica a sé stessa ed agli altri. E questo vale anche per altre religioni nel rapporto tra loro valori positivi e devianze.

Ossessione italiana e semplicismi

Chi segue con attenzione e conoscenza questi argomenti si sarà già accorto che la politica e la stampa italiane hanno una vera e propria ossessione per i pronunciamenti della Chiesa cattolica, di cui esasperano il peso come se l’adesione fosse obbligatoria invece che volontaria, e come se in democrazia le organizzazioni religiose non avessero anch’esse diritto di opinione ed influenza. A questo si devono anche vere e proprie campagne stampa nazionali di travisamento tendenzioso delle dichiarazioni del Papa attuale, oltre che di prelati di vario grado.

Queste faziosità inutili finiscono invece per coprire le vere devianze anticristiane di potere, storiche ed attuali, di apparati o settori della Chiesa cattolica in malaffari politici e finanziari. Nei quali di solito i padroni della stampa italiana sono, non per caso, tranquillamente coinvolti. L’elenco delle malefatte e di quegli ambienti anomali nella Chiesa è lungo quanto noto. Ma è una patologìa tipica di tutto il mondo di potere italiano nel quale anche questa struttura religiosa è immersa. Non è la struttura in sé. Così come sono patologici, e non strutturali, gli abusi di religiosi su persone.

Non si deve cadere, insomma, nella tentazione semplicistica di eliminare la malattìa ignorando o ammazzando il malato, che qui è la Chiesa cattolica. Anche perché alla radice di questa tentazione c’è spesso, in realtà, il fastidio per una sua attività fondamentale che è invece più che positiva e doverosa: quella di risvegliare con richiami etici, discutibili o meno, le coscienze ed il senso di responsabilità su scelte difficili ma essenziali, di vita e di morte.

Il nuovo vescovo di Trieste

 

Sul nuovo vescovo di Trieste gli intellettuali critici ed il quotidiano locali si sono mossi sinora con più avventatezza che sapienza, a cominciare dal sovraesposto amico Claudio Magris. Non è che i problemi manchino, ma si deve ragionare sui fatti concreti, non sulle intenzioni, sui titoli di giornale o sulle chiacchiere.

Non vi è nulla da dire infatti sulla sapienza ed intelligenza dottrinale di questo prelato, ma sul piano pratico si deve osservare che appena insediato ha liquidato e sostituito senza spiegazioni né appello le squadre locali buone e collaudate della stampa e delle organizzazioni assistenziali cattoliche, più molti parroci. Cioè la prima linea sociale della Chiesa a Trieste, che era sgradita soltanto ad ambienti della destra nazionalista più fanatica, ed anche in tal senso anticristiana. Dalla stampa quotidiana sembrerebbe inoltre che il nuovo vescovo abbia riservato particolare udienza, e favore elettorale, proprio a quegli ambienti.

Gli si rimprovera perciò quantomeno difetto di carità, umiltà e prudenza, che viene anche attribuito ad una sua esperienza curiale vaticana piuttosto che pastorale, e da alcuni addirittura a contatti politici precedenti la nomina. Ed in una realtà plurinazionale europea di confine funestata dal nazionalismo come quella di Trieste questo diventa un problema di non poco conto, e una pesante regressione rispetto ai vescovi e vicari precedenti. Se ne attendono perciò eventuali smentite chiare, e con seguito di atti concreti.

Lo sfondo della CEI

Se le cose stanno così, gli sfondi di riferimento non sono inoltre la curia vaticana in sé, e tantomeno il Papa, che afferma ben altri valori. Sono invece alcuni ambienti anomali, interni ed esterni alla Chiesa, che condizionano da anni, in particolare la CEI – Conferenza Episcopale Italiana ed il suo quotidiano L’Avvenire, utilizzandoli in appoggio politico nazionale decisivo alle destre.

E qui anche alle operazioni revansciste della cosiddetta organizzazione “Gladio 2” verso Slovenia e Croazia (leggi qui il nostro dossier). La rassegna stampa del quotidiano negli ultimi vent’anni, e di questi stessi mesi, lascia pochi dubbi, e vi si sono aggiunti scivoloni clamorosi persino dell’autorevole rivista dei Gesuiti ‘La Civiltà Cattolica’. Mai, invece, dell’Osservatore Romano.

L’affare dell’ex convento di Daila

 

A quest’ambito politico, piuttosto che religioso, sembra appartenere ora l’affare politico-giudiziario del convento di Daila, nell’Istria croata. Sul quale si va facendo anche tramite il quotidiano triestino Il Piccolo una confusione disinformativa straordinaria, immaginando o simulando interessi diretti del Vaticano o addirittura del Papa in conflitto con lo Stato croato.

In realtà la questione è abbastanza semplice: l’ex convento con relative tenute, divenuto sanatorio, rientrava tra i beni passati allo Stato croato nella federazione jugoslava e già risarciti in forza del Trattato di Osimo del 1975. Dopo l’indipendenza (1991) la Croazia ha restituito per errore il bene alla Chiesa in persona della pertinente diocesi di Parenzo e Pola, che ne ha quindi disposto come meglio credeva vendendo parte dei terreni.

Qualche tempo fa lo Stato croato si è accorto dell’errore, e ne ha inviato avviso formale alla diocesi per avviare doverosamente il recupero delle proprietà. Ed a quel punto qualcuno, nella Chiesa romana od in ambienti anomali connessi, ha pensato e suggerito di impedirlo organizzando rapidamente la cessione giudiziale forzata dei beni, in natura o denaro, ad un soggetto religioso terzo ed estero (italiano), i Benedettini di Praglia.

Creando così anche il precedente procedurale per una più ampia campagna politica di riappropriazione di beni privati di cittadini italiani ceduti con i Trattati successivi alla seconda guerra mondiale. Cioè per una nuova, pesante turbativa velleitaria dei rapporti italo-croato-sloveni, e dell’ingresso strategico della Croazia nell’Unione Europea. Tant’è vero che ora la Croazia se ne deve difendere in giudizio e sui media.

È un problema euroatlantico

 

Questo genere di strumentalizzazioni anche della Chiesa per attività politiche di tensione tra Italia, Croazia e Slovenia non è dunque soltanto un problema locale, ma una turbativa diretta delle strategìe euroatlantiche di stabilizzazione urgente dei Balcani occidentali ex-jugoslavi.

I centri politico-strategici occidentali hanno già avvertito perciò da qualche tempo il governo italiano di smetterla con queste manovre, e volente o nolente lo sta facendo. Dovrebbero ricordarsi di avvertirne rapidamente anche il Vaticano.

Paolo G. Parovel

© 17 Agosto 2011

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