La Voce di Trieste

TAV e disordini: i delinquenti veri stanno molto più in alto

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Il mondo politico italiano ha una capacità storica ed attuale straordinaria di invocare la legalità per criminalizzare le proteste dei cittadini contro la delinquenza dei potenti. Ci si potrebbe scrivere su una mezza biblioteca, ma in queste settimane è il turno del tracciato in Val di Susa della TAV (ferrovia ad altra velocità) Torino-Lione. Mentre stanno avanzando progetti assurdi verso Trieste.

Lo schema è un classico: la popolazione locale danneggiata protesta e si oppone con buone ragioni ed ampie solidarietà civili ed ambientaliste in Italia ed all’estero; il governo non ne vuole discutere seriamente e si impone d’autorità; questo accende la protesta sul terreno di cantiere, dove il governo ordina una repressione pesante di polizia in scontro crescente con i manifestanti più decisi o disperati; a questo punto istituzioni politici denunciano virtuosamente ogni violenza accusando i resistenti di essere o favorire dei delinquenti; questo squalifica la protesta e le sue ragioni, consentendo di procedere a forza con i lavori contestati e concretare il fatto compiuto. Sulla pelle di dimostranti e poliziotti, ed ancor meglio se ci sono feriti o morti.

Evitando così il dovere istituzionale e mediatico di applicare i criteri di diritto fondamentali della legittima difesa e della provocazione verificando se la protesta sia causata da maggiori violenze delinquenziali originarie , e garantendone la cessazione. Come si dovrebbe fare appunto nel caso di questa ed altre TAV, dove la violenza delinquenziale originaria non sta affatto nel costruirle, dato che nessuna persona sensata le rifiuterebbe dove hanno utilità sociale certa.

Sta invece nel fatto che in Italia troppi poteri politici, tecnici e finanziari progettano e pretendono abitualmente di imporre le TAV ed altre grandi opere anche dove l’utilità sociale non sussiste affatto, omettendo l’obbligo di consultare le popolazioni per ridurre almeno gli impatti inutili, e facendo costare progetti e lavori da due-tre sino ad otto-nove volte di più che negli altri Paesi europei. Come appunto nella tratta italiana della Torino-Lione, mentre in quella francese i parametri di utilità, consultazione popolare e costi risulterebbero sostanzialmente rispettati.

E questo legittima la convinzione che l’opera ferroviaria serva soprattutto ad arricchire illecitamente la malapolitica ed i malaffari dominanti nel Paese, e che proprio per questo motivo venga imposta con la forza in violazione dei principi democratici fondamentali di dialogo e consenso. Il che legittima a sua volta l’applicazione proporzionale del diritto di resistenza previsto dall’ordinamento internazionale recepito da quello italiano.

I delinquenti veri non sono quindi né gli ancor pochi manifestanti che oppongono, spontaneamente o meno, violenza alla violenza, né i poliziotti che vengono mandati a combatterli come se la protesta fosse nemica dell’ordine e della patria. Stanno invece molto più in alto: seduti alle scrivanie dove si lucra illecitamente e spudoratamente a milionate di euro e scambi di favori su tutto questo, e dove lo si copre scandalosamente a tutti i livelli istituzionali e giornalistici.

La vera domanda da fare non è perciò chi sono i resistenti anti-TAV più pericolosi, ma chi riuscirà a prevenire e risolvere questi conflitti una volta per tutte mandando invece, e finalmente, poliziotti, carabinieri e guardie di finanza ad arrestare quei delinquenti d’alto bordo.

Ma non pensate che il problema riguardi solo le montagne della Val di Susa, perché lo stesso schema ha già incominciato a venir applicato tra la pianura veneta, il Friuli e appunto Trieste. Ed è meglio darsi da fare con intelligenza ed in solidarietà per prevenirlo, che dover arrivare a quei livelli finali pericolosi di tensioni e manovre.

Paolo G. Parovel

© 9 Luglio 2011

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