La Voce di Trieste

Noi nuovi italiani

di Óscar García Murga

Abbiamo letto sul Corriere della sera del 4 giugno l’articolo del Prof. Claudio Magris «I morti in mare che non commuovono più» ed il 6 giugno la lettera di risposta del Presidente Giorgio Napolitano.

Il Prof. Magris ci spiega la «differenza tra pensiero reazionario e la democrazia. Il primo si riferisce ai sentimenti di solidarietà verso le persone che conosciamo con la possibilità di irridere l’umanità astratta e l’amore astratto ideologico per il genere umano. […] La Democrazia – schernita come fredda e ideologica – è invece concretamente poetica perché sa mettersi nella pelle degli altri, come Tolstoj in quella di Anna Karenina, e dunque pure in quella di quei naufraghi in fondo al mare».

Io aggiungo che il pensiero reazionario ha difficoltà a capire che la lotta di un indigeno di Cochabamba in Bolivia per la sua acqua è uguale alla lotta di noi italiani per la nostra acqua. I migranti italiani che morivano per strada di malattia e stenti nel viaggio transoceanico per il sogno americano, sono fratelli degli emigrati che oggi fanno la Parigi Dakar alla rovescia. La Dakar – Parigi della miseria.

La risposta e la solidarietà del nostro Presidente a questo pensiero del Prof. Magris fanno onore all’Italia perché stabiliscono il limite che non si deve sorpassare: la cronaca consueta, l’assuefazione e l’indifferenza.

Nessuno vuole lasciare la propria terra. I migranti africani, asiatici o latinoamericani, sono costretti a farlo nell’umana ricerca dei diritti fondamentali dell’uomo, diritto alla vita, diritto all’amore, alla preghiera, all’educazione, alla libertà, alla propria cultura e alla propria lingua. Diritti che spesso sono negati da oligarchie sostenute dai grossi interessi delle multinazionali che cercando soltanto il profitto vorrebbero imporre un monopolio alle fonti energetiche e al cibo, portando povertà, miseria ed emigrazione ai paesi che le possiedono.

Sui giornali leggiamo le condanne etiche del Tribunale Permanente dei Popoli a Madrid, le class action intraprese e vinte in Paesi latinoamericani contro transnazionali degli USA per l’inquinamento selvaggio che ha creato una Chernobyl ambientale nell’Amazzonia e costretto all’esodo più di 35.000 persone. Il governo dell’Ecuador ha proposto la “Yasuni –ITT initiative” per salvare l’Amazzonia.

Compagnie europee lavorano alla ricerca di petrolio nel Blocco 39 del Peru Amazzonico violando leggi e accordi internazionali, minacciando l’esistenza di due delle ultime tribù incontattate rimaste al mondo. In Brasile migliaia di indigeni Kayapò, Assurini e Juruna lungo il fiume Xingù manifestano contro il megaprogetto della diga di Belo Monte che mette in pericolo la sussistenza di oltre 20.000 persone. Le fonti alternative come il sole, il vento e l’efficienza energetica possono produrre tanta energia come questa diga senza l’impatto ambientale, sociale ed economico.

Nel Congo Belga nella regione di Katanga e Kivu è in atto una guerra per il possesso del Coltan (columbite-tantalite per i superconduttori), smeraldi, diamanti, uranio, oro, che ha fatto intervenire l’ONU nel 2002. Dal 1996 sono morti 9 milioni di persone. L’ONU mantiene una presenza di circa 20.000 caschi blu in missione di stabilizzazione (Monusco). Il rapporto dell’ONU pubblicato nel ottobre del 2002 accusava le compagnie impegnate nello sfruttamento delle risorse naturali del Congo di favorire indirettamente questo stato di guerra civile.

La gente fugge della guerra e la miseria e continua a morire nel Mediterraneo, nel deserto della Libia o nel deserto dell’Arizona.

Sembra lontano quell’incontro del 1542 tra Carlo V, Fray Bartolomé de las Casas e Juan Ginés de Sepúlveda a Valladolid per capire se i popoli autoctoni d’America avevano l’anima e in caso negativo giustificare lo stato di schiavitù. Ma nel 2011 si continua a considerare i diritti delle popolazione un intralcio allo sviluppo e alla crescita.

Il prof. Magris nel suo discorso al Quirinale nel giorno della Memoria pubblicato in prima pagina dal Piccolo di Trieste del 28.01.2009 descrive la Shoah come uno spartiacque e parla dell’estinzione degli aborigeni della Tasmania, e delle denunce di vescovi in America Latina per guerre con centinaia di migliaia di morti, corollario di colpi di stato organizzati per proteggere gli interessi di grandi transnazionali della frutta e la gestione speculativa delle fonti energetiche.

Una parte sempre crescente di noi nuovi italiani siamo nati in terre lontane. Abbiamo imparato la lingua italiana, la maniera di pensare italiano, la storia d’Italia, le virtù e i difetti della terra che ci ha dato ospitalità e che oggi è la nostra terra e la terra dei nostri figli. Noi nuovi italiani abbiamo arricchito la propria umanità e sicuramente qualcosa abbiamo portato in cambio. Dire che ci siamo integrati è troppo limitativo. Noi nuovi migranti abbiamo imparato ad amare profondamente la terra italiana come invece non sempre si può dire di una classe politica preoccupata dei propri interessi e dei propri portafogli.

I morti in mare degli ultimi giorni ci addolorano, la loro sorte ci riempie di vergogna.

Le parole del Presidente Giorgio Napolitano al Prof. Magris, producono un ottimismo prudente e vigilante. Ci danno speranza.

 

ing. Óscar García Murga

Membro direttivo Legambiente Trieste.

© 15 Giugno 2011

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