La Voce di Trieste

Porto di Trieste: sbloccato lo sciopero ma restano i problemi e le cause

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Commento

Lo sciopero dei lavoratori portuali triestini, che secondo la Questura vi hanno aderito all’80%, è stato sbloccato per il momento con un accordo interlocutorio che impegna l’Autorità portuale ad attivarsi per ottenere loro le garanzie disposte dal contratto di categoria e dalla legge n. 84/94 sul riordino della legislazione in materia portuale.

Che a Trieste risultano quindi disapplicati illegittimamente da oltre 16 anni, facendo lavorare i portuali nelle condizioni di sfruttamento e di sicurezza insufficiente che li hanno infine costretti a bloccare il porto, e con esso il lavoro altrui, per avere giustizia.

Come abbiamo già scritto, la colpa e la responsabilità dei danni gravi causati dallo sciopero vanno perciò ai responsabili delle istituzioni, delle categorie economiche e della politica che avevano il dovere di garantire ed imporre la legalità. Ed ora accusano falsamente i lavoratori portuali di manovre politiche, irresponsabilità e pretese di privilegi.

 

Ma quest’impudenza è coperta verso l’opinione pubblica dal malvezzo dei politici e del quotidiano locale di non precisare i termini esatti di questioni imbarazzanti. La legge 84/1994 è infatti quella di riordino della legislazione sui porti, che all’articolo 17 disciplina la fornitura del lavoro temporaneo per proteggerlo dalle variazioni imprevedibili della domanda di manodopera che sono tipiche dell’attività portuale.

I punti 1. a) e b) dell’art. 17 impongono perciò all’Autorità portuale di promuovere la costituzione di un consorzio volontario di tutte le società costituite al posto delle compagnie portuali (sciolte entro il 1995) e delle imprese concessionarie di aree e banchine; ed in caso contrario di istituire essa un’apposita Agenzia, come soggetto unico autorizzato a fornire le prestazioni di sola manodopera ed in condizioni eguali per tutti. Che includono anche le normative contrattuali e di sicurezza del lavoro.

Queste misure di legge sono ovviamente necessarie per garantire l’equità di trattamento e la sicurezza dei lavoratori portuali, e con esse l’efficienza del porto. Ed attuarle spettava dunque dal 1995 all’Autorità portuale, vigilata e sollecitata dalle altre amministrazioni pubbliche competenti, dalle rappresentanze delle categorie economiche e dai sindacati.

Sono tutte entità presenti nell’apposito Comitato Portuale, che è in sostanza il consiglio d’amministrazione dell’Autorità con i poteri e le corresponsabilità conseguenti. Invece siamo arrivati al 2011 senza che costoro abbiano ancora provveduto ad attuare la legge, ed i lavoratori hanno dovuto scioperare in massa per farsi sentire.

Col paradosso ulteriore che in cambio della sospensione dello sciopero l’Autorità portuale ha offerto loro anche la rinuncia ad azioni civili per danni nei loro confronti. Mentre sono quei lavoratori e la città che hanno il diritto di chiedere i danni ai responsabili dell’Autorità e delle altre istituzioni inadempienti.

Chi dubitava ancora che questa classe dirigente di Trieste e del suo porto sia quasi interamente da buttare è servito.

Paolo G. Parovel

© 27 Maggio 2011

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