La Voce di Trieste

Trieste: una strana Confindustria che non vuole lo sviluppo del porto

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Commento

Le ultime notizie vivaci sulla Confindustria triestina risalgono a qualche anno fa, quando il vecchio ufficio coperto (ma notorio) dei servizi segreti nella sua sede di piazza Scorcola subì un’effrazione beffarda da parte di ignoti. Per il resto si leggono da anni solo adesioni rituali, ed assai poco imprenditoriali, alle politiche di minimo impegno intellettivo e finanziario, e di parassitismo politico, che hanno ridotto la città, il suo porto e le sue attività produttive all’ombra di se stessi.

Il mestiere dell’imprenditore, anche industriale, non è in sé né buono né cattivo come pensano invece alcune parti politiche seguaci dei grandi schemi ideologici. Perché nel concreto lo si può fare da sfruttatori, da malfattori oppure da benefattori sociali, che sono poi gli imprenditori veri, dato che producono il massimo per sé e per gli altri. Ed anche i rapporti tra imprenditore e dipendenti si differenziano di conseguenza.

Ma l’imprenditore vero dev’essere perciò anche attento, coraggioso, capace ed attivo sia nel proprio settore che verso lo sviluppo complessivo della società. Quello che vediamo invece nello sfascio economico evidente di Trieste sono delle abilità settoriali di alcuni pochi immerse nell’inerzia e nel conformismo di troppi altri.

 

Ora ci si dovrebbe infatti attendere che l’associazione degli imprenditori industriali della provincia di Trieste scenda in campo puntando per prima cosa con la massima energìa a riavviare il vero motore economico della città, che è il porto nella sua doppia funzione, ordinaria e di Porto franco internazionale, con le ferrovie necessarie. Una fonte di lavoro diretto ed indotto straordinaria ed inesauribile, se coltivata seriamente, anche in tempi di crisi globale.

Ed invece leggiamo venerdì scorso sul quotidiano locale che per la Confindustria provinciale il presidente, Sergio Razeto (presidente ed amministratore delegato di Wärtsilä Italia S.p.A, dell’omonimo gruppo finlandese, che fa grandi motori diesel) si allinea alla sgangherata ed equivoca classe politica locale nel chiedere sia il rigassificatore che ci paralizzerebbe i traffici del Porto nuovo, sia l’azzeramento speculativo edilizio ed immobiliare del Porto franco Nord (cosiddetto portovecchio), nell’accreditare la bufala del superporto Unicredit con Monfalcone e nell’opporsi alla cooperazione naturale col porto di Capodistria.

Eppure Razeto è nel suo persona capace, che ha espresso in passato opinioni interessanti e produttive su molte altre cose. Qui c’è dunque con evidenza sotto qualcos’altro. Com’è anche evidente che questo strano comportamento poco imprenditoriale della Confindustria triestina si allinea ai comportamenti anomali, su questo ed altro, di quasi tutti gli altri poteri locali.

A questo punto però la domanda non è solo perché lo fanno, ma anche fino a quando noi cittadini glielo lasceremo fare.

© 23 Maggio 2011

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