La Voce di Trieste

L’Università vende e gli studenti protestano

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In corso da qualche mese una protesta studentesca contro la decisione dell’Ateneo triestino di vendere l’edificio di via Università 1.

Per chi frequenta le sedi del polo universitario umanistico, sarà ormai familiare un comunicato di protesta contro la chiusura dell’edificio di via Università 1, conosciuta tra gli studenti come la sede di Italianistica.

Più che di chiusura si tratterebbe in realtà di una vendita.

È datata 27 ottobre 2007, infatti, una delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Trieste che assegna l’immobile in questione al “patrimonio disponibile” dell’Ateneo, prevedendo la sua dismissione e mettendolo in vendita. Attualmente la struttura è una delle sedi del Dipartimento di Storia e Culture dall’Antichità al Mondo Contemporaneo. Al suo interno ospita vari archivi e uffici, un laboratorio linguistico e una biblioteca. Dopo qualche mese dalla delibera, ecco comparire sulle bacheche la protesta, con la firma “alcuni abituali frequentatori”. Accanto al comunicato datato 2 febbraio 2011, i relatori hanno lanciato una raccolta firme, ottenendo fino ad ora 230 adesioni.

Ma vediamo perché gli studenti sarebbero contrari a questa vendita.

La sede di via Università 1 è l’unica, nell’ambito del polo umanistico, a disporre di una sala lettura aperta nelle ore del tardo pomeriggio e serali. Un servizio indispensabile per chi abita in zona. Soprattutto considerando che la sola alternativa disponibile si trova in piazzale Europa, poco agevole da raggiungere con il servizio serale ridotto dei mezzi pubblici. Su questo punto, il rappresentante studentesco Cesare Buiatti ha fatto presente la questione in sede di deliberazione, ottenendo l’impegno del Consiglio a garantire la disponibilità di una nuova sala lettura per l’apertura serale. Al momento la soluzione individuata sarebbe un’aula situata all’interno dell’edificio di via Baciocchi. Una scelta che comunque potrebbe non convincere i promotori della protesta.

Questo perché c’è un altro elemento che contraddistingue la sede di Italianistica rispetto alle altre presenti in zona. “La struttura” – leggiamo dal comunicato – “è la sola con uno spazio verde nel complesso del vecchio ateneo: un luogo di socialità e di rilassamento, lontano dalle scatole di cemento, adatto per le pause nelle ore di studio, la discussione e il confronto”.

Siamo andati a dare un’occhiata agli altri edifici del complesso universitario. Da via Tigor ad androna Campo Marzio, passando per via Montfort, via Lazzaretto Vecchio e via Economo. Alcune caratteristiche accomunano questi edifici. Una, appunto, è l’assenza di cortili e spazi aperti. Laddove – raramente – sono previsti, gli spazi sono angusti e scarsamente godibili, e comunque inaccessibili al pubblico a causa di lavori.

Gli accessi di cui sono dotate alcune sedi, inoltre, ricordano un percorso ad ostacoli, dove gli ostacoli sono macchine e motorini parcheggiati (esemplificativi di questa situazione sono i casi di via Baciocchi e androna Campo Marzio, come potete vedere nelle foto successive). Non troviamo quindi luoghi di relax, discussione e confronto, usando le parole degli “abituali frequentatori” di via Università 1.

Ma un’altra caratteristica è comune agli immobili che abbiamo visto. Sono tutti più nuovi della sede di Italianistica, o perché si tratta di costruzioni recenti o perché hanno subito da poco lavori di ristrutturazione. Tuttavia, le condizioni dell’edificio in vendita sono relativamente buone, e volendo migliorarle ulteriormente basterebbe qualche piccolo intervento. O almeno questa è l’impressione che si ha facendo un giro al suo interno.

Sembra di capire che l’Università sia giunta alla sua decisione proprio di fronte alla scelta tra vendita e ristrutturazione, dopo la rimessa a nuovo di altre strutture. Leggiamo infatti nelle motivazioni del Consiglio di Amministrazione che la vendita dell’immobile si è resa disponibile “a seguito della conclusione dei lavori di ristrutturazione di via Lazzaretto Vecchio 8”. Si legge ancora nel verbale che “l’immobile è occupato da un numero esiguo di docenti e personale tecnico amministrativo e gli uffici amministrativi della biblioteca sono trasferiti in altra sede”.

Su questi ultimi punti il comunicato risponde che l’edificio è un luogo frequentato da molti studenti e contiene un patrimonio librario di sessantamila volumi, per i quali non è ancora stata individuata una destinazione. Più in generale, gli studenti che hanno aderito alla protesta considerano la sede una risorsa pubblica importante, la cui vendita va a discapito di coloro che abitualmente la frequentano. Pongono inoltre un problema di mancanza di comunicazione da parte dei vertici dell’Ateneo.

Una gestione, secondo loro, troppo vicina a un modello gerarchico e aziendale, (vedi nostri precedenti articoli) che mal si accorda con quella comunità culturale che dovrebbe essere l’Università.

© 22 Aprile 2011

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