La Voce di Trieste

Porto Franco internazionale e Portofranco Nord: perché dissentiamo dal direttore del Piccolo

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Non è certo elegante, né particolarmente efficace, polemizzare su un giornale per cose scritte su un altro.

Ma il collega che dirige il quotidiano locale Il Piccolo, Paolo Possamai, esprime spesso sulla situazione di Trieste opinioni critiche così lucide e fondate da poter far ritenere tali anche quelle sue che non lo sono.

Qui si tratta del suo commento del 16 aprile, pagina 26, alla pubblicazione parziale di una lunga lettera dell’Associazione Porto Franco di Trieste (leggi qui il tutto) che difende quest’istituzione come unica fonte di sviluppo e lavoro possibile, se coltivata invece che soppressa, per la nostra città. Opponendosi anzitutto all’urbanizzazione illegittima ed inattuabile (leggi qui i nostri articoli precedenti) del cosiddetto Porto Vecchio, che è il maggiore e più attrezzato dei nostri cinque Punti Franchi.

Possamai ha espresso opinione contraria affermando, in sostanza: che si tratterebbe di istituto giuridico superato, del quale non si deve restar prigionieri poiché il diritto va adeguato ai tempi; che la sua riattivazione comprometterebbe lo sviluppo ed il traffico del centro città; che Genova, Amburgo, Londra e Copenhagen hanno urbanizzato le loro strutture portuali antiche; che, infine, non avrebbe senso insediarvi anche centri assicurativi extradoganali (off shore) dopo avervi rifutata la centrale operativa delle triestine Generali, perciò migrata nel Veneto.

Replico: la centrale operativa Generali svolgeva attività ordinarie, e non extradoganali; questa parte del nostro Porto franco non è superata, ma svuotata apposta col respingere richieste passate ed attuali di operatori portuali esteri; l’istituto giuridico delle zone franche, portuali ed industriali, non è superato ma in pieno sviluppo in tutto il resto del mondo (leggi qui) anche con regimi d’incentivi inferiori al nostro, che va semmai adeguato per svilupparlo, e non per sopprimerlo.

Occorre inoltre uscire una volta per tutte dall’equivoco deleterio della denominazione di Porto, alias Punto franco, Vecchio, che lo fa ritenere erroneamente un relitto arcaico sostituito ora dal Nuovo. Mentre il vero porto vecchio è quello della Sacchetta, e questi sono in realtà i due tronconi portuali operativi moderni della città costruiti dall’Austria, che creò il secondo pochi anni dopo il primo perché era già stracolmo di navi, magazzini e stabilimenti.

Ed hanno continuato a lavorare in sinergìa sino a una trentina di anni fa, quando la politica portuale italiana ha incominciato a svuotare gradualmente il primo e maggiore per poterlo infine eliminare urbanizzandolo. Spoliazione che tenta infatti di concludere ora, approfittando di un degrado politico ed informativo locale senza precedenti, condizionate dai bassi appetiti edilizi, delle consulenze e di quant’altro.

Per chiarezza dunque noi non chiameremo più questi due settori operativi di zona franca Porto, o Punto franco, Vecchio e Nuovo, ma rispettivamente Portofranco Nord (Portovecchio) e Portofranco Sud (Portonuovo). Ed invitiamo tutti coloro che ne hanno a cuore lo sviluppo ad adottare queste denominazioni non equivoche, riservando invece correttamente il nome di Porto Vecchio alla sola Sacchetta.

L’affermazione poi che rimettere in funzione il Portofranco Nord possa intralciare centrocittà e traffico è futile quanto irrealistica. Perché con 70 ettari di spazio, cinta doganale e proprio terminale ferroviario innestato direttamente sulla rete internazionale non li ha mai disturbati, e non si vede come possa farlo in futuro, dato che occorre comunque sostituire il traffico su gomma con quello su rotaia, e che gli adeguamenti della rete ferroviaria sono gli stessi richiesti per il resto del porto.

Sono dunque fuori luogo anche sotto questo profilo i paragoni con le altre città menzionate dal collega, che hanno urbanizzato solo i loro veri porti vecchi corrispondenti ai ruoli della nostra Sacchetta, ed hanno tutte porti nuovi enormi, attivissimi e sostenuti, invece che sabotati, dai rispettivi governi.

Questa divergenza d’opinioni col per altro apprezzato direttore del Piccolo non è inoltre questione accademica, perché un quotidiano locale monopolista condiziona la maggioranza dell’opinione pubblica, e si deve ritenere rifletta la linea editoriale della proprietà.

Che è il potente Gruppo editoriale l’Espresso controllato da Carlo De Benedetti, dal quale ci si dovrebbe invece attendere il massimo appoggio, anche da protagonista, ad un vero rilancio europeo di Trieste proprio attraverso il suo Porto Franco internazionale.

Sul quale noi non siamo comunque disposti a mollare a né a livello nazionale, né insede internazionale. Non per puntiglio o principi astratti, ma perché è davvero l’unico strumento che può offrire alla nostra città e provincia, in declino altrimenti inarrestabile, migliaia di posti di lavoro diretto ed indotto nuovi, ad incremento continuo, per tutte le categorie. E perché la nostra gente ne ha necessità sempre più estrema.

Paolo G. Parovel

Trieste: il *Portofranco Nord* (Portovecchio)

© 21 Aprile 2011

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