La Voce di Trieste

Ungheria, Mitteleuropa e Trieste

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Analisi

Per comprendere i ruoli economici e culturali che l’unificazione europea riapre a Trieste occorre riconsiderare la carta geografica di queste regioni: non siamo più solo un’appendice provinciale d’Italia, perché l’apertura dei confini ci riposiziona in osmosi attiva, come prima del 1918, al baricentro adriatico della Mitteleuropa: se puntate qui un compasso vedrete che i centri vitali dei Paesi del retroterra mitteleuropeo ci sono più vicini di quelli della penisola italiana. Ma questo significa che dobbiamo ricominciare a seguire quanto vi accade, nel bene e nel male, perché influirà di nuovo e sempre di più anche sulle nostre sorti.

Proprio al centro della regione mitteleuropea troviamo dall’anno scorso il governo ungherese di destra guidato da Viktor Orbán, che con la propria maggioranza parlamentare del 68% e l’appoggio esterno della destra estrema può anche modificare la Costituzione, e dal primo gennaio di quest’anno ha pure la presidenza semestrale dell’Unione Europea. Ma dà non poche preoccupazioni alle strategìe euroatlantiche di stabilizzazione dell’Europa sudorientale.

Rispetto al precedente governo di centrosinistra questo è infatti autoritario, anche a danno della libertà di stampa, e tanto nazionalista da avere emanato immediatamente una legge che restituisce unilateralmente la cittadinanza ungherese alle minoranze màgiare dei territori ceduti ai Paesi confinanti: Romanìa, Serbia, Ucraina, Slovacchia, Slovenia, Austria. L’ha ricalcata su quella italiana recente (124/2006) verso Slovenia e Croazia, e non è problema da poco, perché in ambedue i casi si tratta di una violazione unilaterale senza precedenti dei Trattati di pace e della sovranità dei Paesi confinanti, e con ciò dei fondamenti del diritto internazionale.

Ma il caso italiano è obiettivamente limitato a rivendicazioni, scoraggiate da Washington, su una piccola area orientale mistilingue perduta con la seconda guerra mondiale poco più di vent’anni dopo averla ottenuta con la prima. Mentre l’Ungheria ha perduto sin da allora (1920) territori storici antichi ed enormi, sia màgiari che d’altre nazionalità o misti, dove sono rimaste minoranze ungheresi per un totale di 3 milioni e mezzo di persone. E rivendicarli significa poter destabilizzare l’intero Sudest europeo.

Sul piano economico e geopolitico il governo Orbán ha invece inaugurato una strategìa di riaggregazione dei territori ex austro-ungarici che può essere decisiva anche per rivitalizzare Trieste ed il suo porto. Le ragioni dell’iniziativa di Budapest sono molto semplici: quell’antica unità plurinazionale di popoli e Paesi era fondata in realtà sulla loro gravitazione geoeconomica comune, che la frammentazione politica seguìta alla prima guerra mondiale ha spezzato isolandoli rovinosamente. E lasciando particolarmente isolato il suo nucleo centrale ungherese, così come il loro terminale marittimo di Trieste.

Un primo passo, simbolico e concreto, di questo ritrovarsi nella nuova Europa è consistito nella recente iniziativa ungherese di un Congresso delle Camere di Commercio fondate durante la Monarchia austro-ungarica, che vi hanno partecipato con entusiamo attivo d’idee, richieste e progetti. E contemporaneamente si stanno sviluppando nuovi accordi di cooperazione economica e libero scambio tra i Paesi dell’area frammentata invece dal conflitto dissolutivo della Jugoslavia.

In sostanza, si stanno riavviando modernamente i flussi economici naturali che nel passato diedero a Trieste il massimo di lavoro e vitalità. E questo da dipendere la nostra capacità di reinserimento attivo dalla qualità professionale e culturale della nostra classe dirigente economica e politica, che nel lunghissimo degrado della città si sono invece ridotte al di sotto di ogni commento.

A questo punto sta dunque a noi cittadini fare alcune scelte fondamentali. In politica, dobbiamo selezionare col voto i nostri rappresentanti non più sulle stupide manfrine locali e nazionali, ma per impegno intelligente su queste nuove prospettive europee. In economia dobbiamo favorire l’afflusso di intelligenze e forze imprendoriali nuove, ed offrire seriamente i servizi delle nostre strutture portuali, sia ordinarie che di Porto Franco internazionale. E nella cultura dobbiamo tornare a riconoscere fratelli, senza più fisime nazionalistiche, tutti i popoli della Mitteleuropa con i quali Trieste ha condiviso dal 1382 al 1918 oltre mezzo millennio di vita e di storia, testimoniate dalle stesse origini felicemente commiste della gran parte di noi.

© 4 Aprile 2011

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