La Voce di Trieste

“Non lasciarmi” di Mark Romanek

di

Il thriller tratto dal romanzo di Kazuo Ishiguro

Kathy H. è una giovane ventenne che assiste i pazienti donatori di organi. La sua vita è iniziata nel college inglese di Hailsham, un bellissimo posto in cui crescere con un parco stupendo, grandi mense e camerate dove stare sempre in compagnia e ottimi insegnanti di lettere, storia, matematica e arte. É più di una casa, è dove ha conosciuto la sua migliore amica, Ruth, il suo primo, grande, unico amore, Tommy e la sua inevitabile sorte. Un’istitutrice decide un giorno di far sapere loro di essere pure copie, esseri creati per altri, dal destino già scritto e con nessuna prospettiva o sogno possibile.

I tre camminano lungo sentieri già spianati e sempre ben intrecciati: si trasferiscono in un altro allevamento, il Cottage, dove continuano ad essere abbandonati a loro stessi; riescono addirittura ad entrare in contatto con il mondo vero, fatto di persone normali, con un’anima. Ma anche loro, seppur copie, frutto di “possibili”, matrici reali, hanno un’anima e per questo devono lasciarsi: qualcosa si rompe, il cuore ha la meglio. Il film è un toccante thriller, lento, quasi muto per la povertà di dialoghi, dalle tinte tenui, grigie e angoscianti come il paesaggio inglese della metà dei ’70 in cui è ambientata la vicenda. Tratto dall’omonimo romanzo del nippo-britannico Kazuo Ishiguro, il film riporta in auge uno dei temi più difficili da affrontare da sempre: la vita. Cos’è? Chi ne ha diritto? Come prolungarla? Come crearla?

E a questi già complicati dilemmi si affiancano quelli etici e morali spesso (alcuni direbbero sempre) soccombenti, calpestati da voglie e progressi scientifici. Isolamento, estraniazione, diversità, rancore, rassegnazione, speranza, tristezza. Il film è tutto questo e molto altro ancora, eppure c’è un vuoto incolmabile che continua a dilaniare il petto dello spettatore e gli occhi dei protagonisti, una malinconia straziante, interminabile, frutto anche di un’eccelsa fotografia. Qual è il senso della vita? Salvare gli altri, forse, ma a scapito di chi? La vita dei salvatori non ha forse valore?

Chi sia a stabilire quando e come riconoscere una vita degna di esistere, nessuno lo sa, ma Kathy, Ruth e Tommy sanno che, anche se ci fosse, questo qualcuno non designerebbe loro come privilegiati. Poco importa l’arte che concepiscono, il senso estetico e morale che testimoni la loro personalità, l’esistenza di un’anima.

La regia è lenta e la maggior parte delle inquadrature è statica, per questo quando Romanek azzarda brevi inseguimenti di macchina alle spalle di Kathy e campi lunghi e lunghissimi sulla spiaggia in cui capeggia una vecchia barca straziata dalle intemperie e dal tempo, il significato aggiunto spicca e non prescinde certo dall’interpretazione dei tre protagonisti, in primis quella di Carey Mulligan, che, anche se costretta a recitare immobile e senza battute, avrebbe reso straordinariamente bene il suo personaggio. Meno pregnante la performance di Keira Knightley che però fa sentire il senso di rabbia e frustrazione del suo personaggio, ben diverso da quello del futuro Spiderman, Andrew Garfield, che conserva uno sguardo gaio e speranzoso, ma al contempo disilluso. L’oppressione per quello che si può o si deve fare viaggia parallela alla gioia per quel poco di cui ancora si può godere, una soddisfazione così grande e dolce per il semplice fatto che può essere  provata. Fiducia? Sì, ma breve, infranta, spezzata perché Forse nessuno ha compreso la propria vita, né pensa d’aver vissuto abbastanza“.

 

Mark Romanek

2001 – Odissea nello spazio è il film che gli ha fatto capire di voler diventare un regista; era il 1968 e aveva solo nove anni. Comincia le prime esperienze nel mondo audiovisivo con film in16mm e frequentando il liceo pubblico progressista New Trier East accumula quattro anni di studi di regia ma soprattutto conosce un filmmaker locale, Kevin Dole, specialista dei videoclip musicali per gran parte degli anni ’70. Poi conosce Peter Kingsbury, un regista che studia autori sperimentali, suo secondo insegnante che insieme a Dole lo spinge a studiare il cinema d’avanguardia americano e personalità come Maya Deren, Kenneth Anger, Paul Sharits, Brakhage e Land. Romanek poi si iscrive all’Ithaca College di New York e alla Roy H. Park School of Communications e si laurea in cinema e fotografia.

Chiede a Brian De Palma di poter lavorare con lui nonostante non sia uno dei suoi studenti (il regista, infatti, insegnava produzione cinematografica al Sarah Lawrence College) e De Palma accetta invitandolo sul set di Fury (1978) come assistente di produzione e in Home Movies – Vizietti familiari (1980) come secondo aiuto regista. Qui Romanek conosce l’alter ego di De Palma, Keith Gordon (quello che era un pò Mastroianni per Fellini) con cui ha diversi punti in comune soprattutto la passione per Kubrick. Instaurata un’amicizia solida e confidenziale, Romanek decide di mostrare a Gordon alcuni dei suoi cortometraggi. Ed è proprio da questa amicizia che nel 1985 nasce la prima opera di Romanek Static, sceneggiata e recitata proprio da Keith Gordon. Archiviato il film, dai risultati non stupefacenti, a Romanek viene chiesto di dirigere un video musicale del gruppo britannico New Wave The The, che fra l’altro aveva collaborato alla colonna sonora di Static.

Quando parte per Londra inaugura la sua carriera da regista di videoclip e sotto la casa di produzione Satellite Films, divisione della Propaganda Films di Steve Goblin che si occupa della scrittura e direzione di video musicali, Romanek conosce e lavora con le più grandi star della musica mondiale. Firma Closer per i Nine Inch Nails (ipercriticato per il lato demoniaco e demente) e The Perfect Drug, poi la cover di Johnny Cash Hurt; vince il suo primo Grammy Award per la direzione di Scream (1996) costato ben 7 milioni di dollari, record del video più costoso della storia della musica, ma ben più importante perché segna la collaborazione dei fratelli Michael e Janet Jackson La Jackson, due anni dopo, rivuole Romanek per Got’ Til It’s Gone, che gli frutta un nuovo Grammy.

Nel 2002 crea il video di Cochise degli Audioslave, girato nella San Fernando Valley, il finale con i fuochi d’artificio fece pensare ai residenti di essere vittime di un attacco terroristico;  poi ne gira tanti altri Free Your Mind di En Vogue, Are You Gonna Go My Way di Lenny Kravitz, Rain e Bedtime Story di Madonna, El Scorcho degli Weezer; Can’t Stop dei Red Hot Chili Peppers, Jump They Say e Black Tie White Noise di David Bowie e Strange Currencies dei R.E.M.

É il 2002 l’anno in cui ritorna al cinema con il thriller One Hour Photo con Connie Nielsen, Michael Vartan e soprattutto Robin Williams, pellicola che ottiene una candidatura per il migliore script al Saturn Award e vince il premio della critica al Festival del cinema americano di Deauville. Va detto che rifiuta molti progetti, a partire da The Omen del 2006 che lascia a John Moore per continuare con il remake del classico della Universal Wolfman (2010) poi andato a Joe Johnston e con la trasposizione cinematografica del libro di Philip Gourevitch Un caso freddo, progetto abbandonato per i soliti problemi con le grandi Majors; dirige allora la sua attenzione a un altro romanzo In un milione di piccoli pezzi di James Frey, anche questo bloccato e mai partorito come lungometraggio per una lunga disputa sull’autenticità dei contenuti del libro.

Di certo porta avanti altri lavori: finanzia come produttore Parole d’amore (2005) di Scott McGehee e David Siegel, è il fotografo di scena per il corto di Spike Jonze The Vampire Attack (2010) e gira moltissimi spot pubblicitari per Apple Computer, Acura, Nike, Calvin Klein, American Express, ESPN, Saturn, Honda e Cirque du Soleil che gli danno una fama tale da diventare l’attuale rappresentante della casa di produzione nota come Anonymous Content.

 

Carey Mulligan

Nasce a Westminster nel maggio 1985, ma a tre anni si trasferisce in Germania per motivi di lavoro del padre (diventa manager europeo di armi di hotel intercontinentali). A 14 anni inizia ad interessarsi più alla recitazione che allo studio, soprattutto dopo aver visto il fratello cimentarsi in uno spettacolo scolastico,The king and I. Prova allora con le prime audizioni tutte ad esito negativo anche a causa dello scarso entusiasmo dei genitori che preferivano una figlia laureata alla Reading piuttosto che un’attrice. Il mancato appoggio la sprona ulteriormente e nel 2004 ottiene il suo primo ruolo, Kitty Bennet in Orgoglio e pregiudizio; seppur non sia stato solo per merito suo (pare che sia stato fondamentale l’appoggio della preside della sua scuola) inizia la sua carriera cinematografica e viene subito molto apprezzata.

Trova diversi lavori anche in TV dove partecipa a The amazing Mrs Pritchard, a un episodio di ITV, Marble, in Sins of the father; nel 2007 appare in And when did you last see your father? e recita con in My boy Jack e in Northanger Abbey. I critici cominciano a notarla nel revival di The seagull, in cui è Nina e per l’interpretazione il Daily Telegraph e l’Independent la giudicano straordinaria. È proprio per questo film che riceve la nomina al Drama Desk Award. Nel 2009 è accanto a  Johnny Depp e Christian Bale in Nemico pubblico – Public Enemies, la si vede con Brosnan e Sarandon in The greatest e appare in Brothers insieme a Natalie Portman. É sempre il 2009 l’anno più impegantivo che la vede ventiduenne nel suo ruolo più importante, la sedicenne Jenny in An education; all’inizio i produttori erano dubbiosi in merito alla differenza d’età, ma vista recitare si convincono ed effettivamente la pellicola ha enorme successo, che ricade anche sull’attrice cui giornalisti e critici pongono attenzioni entusiastiche.

Anche altri registi la notano proprio per questa performance, è il caso di Oliver Stone che la chiama per Wall Street: Il denaro non muore mai.

 

Keira Knightley

Figlia d’arte e d’origine ispanico-scozzese – il papà è l’attore Will Knightley e la madre è la sceneggiatrice Sharman Macdonald – nasce in Inghilterra nel 1985. A soli 8 anni esordisce nel film tv Royal Celebration e l’anno successivo debutta sul grande schermo nel drammatico A Village Affair. Nel 1999 grazie alla somiglianza con Natalie Portman, George Lucas la sceglie per interpretare l’ancella della regina Amidala, in Star Wars: Episodio I – La Minaccia Fantasma. Le due giovanissime erano talmente simili che, durante le riprese, era quasi impossibile riconoscerle sotto tutto quel trucco e fino a poco tempo fa si è creduto che la Portman incarnasse entrambi i personaggi. A sedici anni la Knightley lascia il liceo per iscriversi alla London Academy of Music and Dramatic Art e nello stesso periodo si mostra senza veli nel thriller The Hole e un anno dopo si impone come soccer-player nella commedia calcistica Sognando Beckham (2002).

Nel 2003 è una delle tante protagoniste di Love Actually, ma i milioni e milioni di fans li conquista con il fantasy La Maledizione della Prima Luna, che oltre a farle conoscere un già esperto Johnny Depp e piacente Orlando Bloom, la consacra nuova star di Hollywood. Nel 2004 interpreta Ginevra in King Arthur, nel 2005 viene scelta dal regista Tony Scott che progetta di realizzare la biografia dell’amica Domino Harvey (figlia del candidato all’Oscar Laurence Harvey, trasformatasi in cacciatrice di taglie e deceduta poi per eccesso di droghe) e nel 2006 ottiene una nomination agli Academy come Miglior Attrice Protagonista in Orgoglio e Pregiudizio. Proprio tra il 2006 e il 2007 è impegnata sul set di Pirati dei Caraibi – La maledizione del forziere fantasma, del romance Seta, del drama-movie Espiazione e di Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo. Nel 2008 compare in La duchessa di Saul Dibb e in The Edge of Love di John Maybury; tra gli ultimissimi lavori ci sono Last Night, diretto da Massy Tadjedin, presentato in concorso al V Festival Internazionale del Film di Roma, e Non lasciarmi di Mark Romanek.

 

Andrew Garfield

Dalla California, Los Angeles, Andrew si trasferisce a tre anni in Inghilterra, patria materna. Di religione ebraica, è cresciuto con i vecchi valori yiddish della middle class europea; si è diplomato alla City of London Freemen’s School di Ashtead e poi si è iscritto alla Central School of Speech and Drama, in cui si è laureato nel 2004. Il primo provino che passa è quello per il cortometraggio di Bevan Walsh del 2005, Mumbo Jumbo e nello stesso anno si impegna in diversi telefilm: Sugar Rush (2005), Swinging (2005) di Ben Kellett; Simon Schama’s Power of Art (2006) di Carl Hindmarch; Doctor Who (2007) di James Strong con David Tennant; Freezing (2007) con Joely Richardson e Trial & Retribution (2007) di Edward Hall. É proprio in quest’anno che debutta al cinema con Boy A di John Crowley, dove interpreta il protagonista Jack Burridge, grazie al quale riesce a ottenere il BAFTA TV Award come miglior attore.

Lo stesso anno Robert Redford lo vuole nel suo Leoni per agnelli con Meryl Streep e Tom Cruise e l’anno seguente si conquista il ruolo di Francis Weston nella pellicola L’altra donna del re; nel 2009 lavora con Johnny Depp sotto la direzione di Terry Gilliam in Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo e nel 2010 interpreta Eduardo Saverin, amico e compagno di college di Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook in The Social network di David Fincher.

 

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© 4 Aprile 2011

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