La Voce di Trieste

Dylan Dog – il Film

di

Un film che non convince: si salva solo Sam Huntington

Dylan Dog (Brandon Routh) è un investigatore privato che esercita a New Orleans. La sua attività non sembra particolarmente rischiosa: qualche tradimento da scoprire, un paio di foto che immortalino uno sguardo, pedinamenti e tranquille attese appostati all’angolo di qualche strada. Nulla di chè, se non fosse per la costante, infima e tacita presenza di creature notturne, le stesse delle leggende e favole che si raccontano ai bambini.

Il mondo delle tenebre e dei mostri Dylan aveva deciso di lasciarlo alle sue spalle per le troppe sofferenze che gli aveva creato, eppure il passato bussa alla porta, portandogli altro dolore.

Una giovane bionda, Elizabeth (Anita Briem), chiede il suo aiuto per far luce sull’uccisione del padre. Sebbene Dylan decida di lasciar perdere non può tirarsi indietro quando, lo stesso killer misterioso, uccide anche il suo migliore amico, Marcus (Sam Huntington).

In un fremito di vendetta riveste la sua divisa, jeans, camicia rossa e giacca nera e comincia a farsi largo tra intrighi, misteri, vecchi amici (tra cui Marcus che deve accettare la sua nuova condizione di non morto) e soprattutto nemici, licantropi, vampiri e zombie che sono sul piede di guerra, pronti per un’infernale scontro.

Eppure la minaccia più grande non è dove Dylan pensa, o almeno non solo.

Del fumetto italiano, creatura di Tiziano Sclavi, il Dylan Dog di Munroe conserva la via d’ubicazione, gli attrezzi del mestiere, la valigetta, i panni da lavoro e il maggiolone cabriolet. La città non è più la grigia Londra europea, ma la capitale delle Louisiana che si ritrova nella serie True Blood (da cui Munroe ha ripreso lo spunto dello spaccio di sangue vampiresco come allucinogeno) e anche il maggiolino è diverso, nero e non bianco, ma sempre con qualche difettuccio. Eppure c’è qualcos’altro che non torna.

Non sono gli antagonisti, non è la storiella di sesso, neanche l’imprevisto dei combattimenti…a sì, non va Dylan. Tutta la vicenda e la regia ruotano attorno all’eroe imbattibile, ipertrofico, ma pur sempre umano eppure immortale. Si concede una scappatella poco etica e affronta impavido ogni stramberia, ai suoi occhi semplice routine. Non pecca in presenza ma in sostanza; l’interpretazione di Routh è stereotipata: se i primi paladini si facevano modestamente tenebrosi e taciturni e i loro successori ostentavano appena una certa siurezza, quì la si enfatizza a dar noia. Che spettacolo offre chi sa già di avere la meglio? Nessun dubbio, allora,  quando parte l’inquadratura a rallentatore, la musica extradiegetica avanza, pesanti bassi, batteria e chitarra elettrica, le luci si affievoliscono e il volto dell’eroe è illuminato a sprazzi da fuoco e fiamme.

Anche la protagonista femminile è insapore, gran carriera teatrale ma assoluta piattezza di fronte alla cinepresa. Unica nota, a voi giudicare se positiva o meno, la somiglianza con la cantante canadese Avril Lavigne.

Trucco e costumi sono di basso livello, decisamente pessimi gli efetti speciali, ma per fortuna esistono i bracci destri! Qui Huntington è ineccepibile: ironico, comico, espressivo, ridotto alla parte del solito assistente sfigato, timoroso, codardo, incauto ma con qualche guizzo d’ingegno. Si può dire abbia salvato il film.

Nel complesso la visione rimane sullo stomaco, soprattutto ai fan sfegatati del fumetto o del genere vampiresco e soprannaturale, eppure la cottura a fuoco lento e l’attesa per la proiezione rimandata  dal 2010 al 2011 facevano presagire un pasto coi fiocchi.

A Munroe possiamo consigliare di scegliere con più attenzione gli ingredienti, quanto a voi, cambiate ordinazione!

 

Kevin Munroe

Sceneggiatore, artista e regista televisivo, cinematografico e d’animazione per giganti come Walt Disney Studios, Warner Bros, Cartoon Network, Fox, The Jim Henson Company, Stan Winston Studios e Nickelodeon. Si è occupato di video giochi, serie televisive, film e graphic novels, tutti prodotti che ne hanno dimostrato la grande visione creativa, dote che gli ha permesso di sviluppare un franchise da milioni di dollari, come la serie Kingdom Hearts della Disney. Tra i maggiori successi ci sono le serie di fumetti El Zombo Fantasma, create con Dave Wilkins per Dark Horse Comics e Olympus Heights, a cui sono seguiti rispettivamente un film e uno show televisivo. Il suo esordio cinematografico è stato spettacolare con TMNT del 2007, nato come reboot della serie Tartarughe Ninja, che ha incassato ben 100 milioni di dollari. Attualmente si occupa della pre-produzione di un progetto presso la Lucasfilm, un musical fantasy prodotto da George Lucas che speriamo riesca meglio del suo secondo lungometraggio.

 

Brandon Routh

Figlio e fratello di musicisti (sua sorella è la cantante Sara Routh) è cresciuto a Norwalk, nel sud del Connecticut e sin dall’età di sei anni ha cominciato ad esibirsi sul palcoscenico, passione che ha continuato a curare fino al liceo. Ha frequentato l’University of Iowa, studiando letteratura inglese per diventare scrittore, è entrato nella compagnia teatrale del Norwalk Theater of Performing Arts, ma poi si è trasferito a Los Angeles lavorando come fotomodello.

Nel 1999 esordisce nella serie televisiva Odd Man Out e da qui accumula altri piccoli ruoli in telefilm come Undressed (2000), Una mamma per amica (2001) e Will & Grace (2004) e ha il ruolo di Seth Anderson nella soap opera americana One Life to Live (in onda dal 1968) in cui conosce la sua compagna Rachel Boston, una delle attrici di American Dreams..

Sbarca al cinema nel 2005, con una piccolissima parte in Karla di Joel Bender, thriller ispirato ad una storia vera, ma viene subito notato per la somiglianza con il Superman dei fumetti (e per alcuni con il defunto Christopher Reeve) così Bryan Singer lo sceglie, scartando Jim Caviezel, per il ruolo che lo stesso Brandon da tanto desiderava, Superman (forse un destino visto che, proprio per gli occhiali che indossava da bambino, era stato soprannominato dai compangi di scuola Clark Kent).

Superman Returns del 2006 è la sua prima pellicola da protagonista che gli permette di lavorare accanto a stelle quali Kevin Spacey, (protagonista di American Beauty del 1999), James Marsden (Ciclope in X-Man, X-Man 2 e X-Man: Conflitto finale) Frank Langella (in La nona porta di Polanski, Good Night, and Good Luck di George Clooney e in Unknown- Senza identità di Collet-Serra, in questi giorni nelle sale italiane).

 

Sam Huntington

Amico inseparabile di Brandon Routh, nella realtà e nella finzione, infatti li si ritrova in L’uomo d’acciaio, in Superman Returns e in Dylan Dog – Il film in cui Huntington veste rispettivamente i  panni del fotografo del Daily Planet e del buffo zombie in decomposizione.

Figlio d’arte “a metà” (padre falegname e madre attrice nonché sua manager) inizia a recitare a soli 8 anni al Black Box Theatre; partecipa per tre estati di seguito all’Andy Summer Playhouse di Wilton, poi frequenta il Franklin Pierce College di Rindge e a tredici anni vola a New York per firmare un contratto con l’agenzia JM Bloom.

Nel 1997 debutta  per la Disney Picture nel ruolo del figlio di Tim Allen in Da giungla a giungla, nel 1999 lo si vede nella teen comedy Detroit Rock City e nel 2001 è nel high movie Non è un’altra stupida commedia americana.

 

Anita Briem

Islandese di nascita, ha iniziato la sua carriera di attrice nel Teatro nazionale del suo Paese. Fin da bambina ha recitato in produzioni teatrali, serie televisive e programmi radiofonici. A 16 anni si è trasferita a Londra dove è stata subito presa per una produzione teatrale al New End Theatre; a 19 anni è stata accettata alla Royal Academy of Dramatic Art e vi ha studiato tre anni aggiudicandosi il John Barton Award e partecipando ad altre rappresentazioni tra cui Il giardino dei ciliegi di Cechov e La casa di Bernardo Alba di Lorca. Dopo il diploma ha continuato a lavorare sui palcoscenici di Londra, in Catalogue of Misunderstanding al National Theatre Studio così come in Losing Louis per cinque mesi al West End e nel 2005 ha debuttato al cinema nel film indipendente La Monja di Luis de la Madrid. Poi ha fatto parte del cast di Cold Trail (film indipendente islandese) e nel 2008 ha avuto un ruolo di gran rilievo in Viaggio al centro della terra 3D.

Forse è in televisione che è meglio conosciuta, protagonista nella serie The Evidence, assieme a Orlando Jones e Martin Landau, ma soprattutto per la partecipazione alla seconda e terza stagione  de I Tudor, dove interpreta Jane Seymour, la giovane destinata a diventare la terza moglie di Enrico VIII.

 

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© 18 Marzo 2011

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