La Voce di Trieste

Italia: la scomparsa di Pirina e le storie del confine orientale manipolate dai servizi segreti

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Storia controversa

È morto a 67 anni di un male improvviso Marco Pirina, noto e discusso propagandista di successo delle versioni politiche della storia del confine orientale italiano analizzate nel dossier “Gladio 2”, che abbiamo già pubblicato (leggi qui) ed include anche una sintesi dei suoi dati biografici ed operativi. Dispiace ora per lui e la sua famiglia, e per l’interruzione di un lungo confronto storiografico e politico.

Un confronto sviluppato su argomenti difficili da trattare ed ascoltare con razionalità e pacatezza, perché coinvolgono da più parti forti emozioni, convinzioni e pregiudizi, personali e di schieramenti politici ed appartenenze istituzionali. Ma proprio per questo è necessario tentare di affrontarli e risolverli con decisione ed equilibrio, e tantopiù a Trieste dove le disinformazioni sul passato deformano anche la percezione del presente.

Gli scritti e le iniziative di Marco Pirina hanno avuto vastissima eco mediatica, ma indagini storiche e giudiziarie accurate sulle sue informazioni e tesi le hanno dimostrate in misura significativa infondate, oltre che mosse da greve spirito di parte. Ed è per questo motivo che non hanno favorito ma danneggiato la causa della verità, della giustizia e della pacificazione.

La tenacia dell’autore nel sostenerle egualmente si ricollegava tuttavìa ad ideali che egli riteneva giusti ed all’esperienza traumatica dell’uccisione del padre, militare della collaborazionista RSI, da parte della Resistenza. Vi è dunque nell’operato pur negativo di Pirina, come in quelli analoghi di Luigi Papo, Flaminio Rocchi ed altri, anche un aspetto rilevante di buona fede e coraggio personale. E questo gli va cavallerescamente riconosciuto, anche se sbagliava.

Mentre non è possibile riconoscere buona fede, e tantomeno coraggio, né alla caterva di storici ed opinionisti che si sono accodati a quelle propagande per fama e denaro, né a quegli ex-comunisti italiani che le hanno accreditate ‘da sinistra’ per opportunismo politico senza idealità (e fallimentare) benché dovessero sapere meglio di altri quanto fossero contrarie al vero, ingiuste e dannose.

E nemmeno spontanee, perché corrispondono ad una nota linea di operazioni speciali che ambienti particolari dei servizi segreti italiani hanno avviato alla fine della seconda guerra mondiale, coltivato per le strategie euroatlantiche della guerra fredda e poi rilanciato in proprio, a tutt’oggi, per attività destabilizzanti inutili e non condivisi né da Washington, né da Bruxelles.

Queste attività sono anche uno dei “segreti evidenti” tipici della politica italiana: affari che si svolgono sotto gli occhi di tutti senza che nessuno li ammetta ufficialmente. E la loro giustificazione propagandistica consiste, come risulta dallo stesso dossier “Gladio 2”, nella diffusione sistematica di manipolazioni storiche adatte ad alimentare tra gli italiani odi, risentimenti e rivendicazioni etnico-politici verso gli sloveni ed i croati.

Parallelamente alle analisi storiche e giudiziarie, quelle di intelligence hanno infatti confermato da tempo che le operazioni correnti sono sostenute da forti investimenti operativo-finanziari e mediatici di Stato, e che le manipolazioni propagandistiche seguono esattamente gli schemi orrorifici professionali dei manuali di propaganda politico-militare, hanno consolidato un sistema probatorio ingannevole di “circolarità delle fonti” (constatato nel 2001 anche dalla Corte d’Assise di Roma), coprendo l’intera fascia di confine, da Trieste a Tarvisio, su tre appositi filoni narrativi.

Il primo copre l’area da Trieste a Gorizia, ed oltreconfine l’Istria, manipolando spregiudicatamente le vicende delle “foibe” del 1943-45. L’area friulana è stata invece coperta attribuendo, contro tutte le prove storiche e giudiziarie, ai comandi partigiani sloveni l’eccidio di partigiani ‘bianchi’ a Porzùs nel 1945, ordinato e compiuto invece dai comunisti italiani su indicazioni d’intelligence britanniche. Mentre per il Tarvisiano venne escogitata nel dopoguerra una storia atroce sulla morte nel 1944, a Malga Bala, di alcuni ex carabinieri al servizio dei tedeschi. Molto meno nota delle precedenti, questa terza manipolazione è ora fonte di polemiche poiché il Presidente della Repubblica ha assegnato alla memoria di quei caduti, su richiesta del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, medaglie d’oro al valor civile motivate con quella manipolazione propagandistica smentita da tutte le evidenze investigative.

Dalle quali risulta che i tedeschi avevano inviato degli ex carabinieri italiani a guardia di una centrale elettrica strategica per la ferrovia che riforniva dalla Germania il fronte italiano. Un reparto partigiano sloveno fece saltare l’impianto senza colpo ferire, ritirandosi con gli ex carabinieri illesi che trasportavano materiali e viveri requisiti. Ma in scontro a fuoco con i tedeschi sopraggiunti morirono alcuni partigiani e gli ex carabinieri, che i tedeschi poi seppellirono senza rilevare nulla di anomalo.

La versione di propaganda postbellica ora ufficializzata sostiene invece, odiosamente e senza prove, che gli ex carabinieri fossero stati uccisi dai partigiani sloveni con atrocità mostruose che avrebbero dovuto lasciar segni evidentissimi.

Com’è invece evidente che nell’Europa unita del 2011 dobbiamo fare ed esigere finalmente chiarezza inequivoca su tutti questi avvelenamenti ‘patriottici’ della verità, della memoria e delle coscienze della nostra gente.

Paolo G. Parovel

© 3 Giugno 2011

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