La Voce di Trieste

Che cos’è il Carnevale

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Appunti sulla tradizione

A quanti fanno esercizio continuo dell’ironia, od al contrario non ne hanno il senso (il che è un bel problema) può accedere di non sentire personalmente la necessità del Carnevale, cioè di una sospensione od inversione temporanea delle regole che consenta di sostituire i ruoli vissuti in concreto con quelli consapevoli od inconsci dei desideri e delle fantasìe.
Ma questo non la rende meno importante, perché le compressioni della vita umana sono tante, e spesso così rigide, da rendere indispensabili delle decompressioni riequilibratrici proporzionate attraverso violazioni individuali e collettive della normalità, che come tali sono trasgressive dell’ordine morale e sociale costituito.
Il loro potenziale conseguente di sovversione viene perciò neutralizzato concentrandone ritualmente la libertà in un breve tempo di trasgressione autorizzata, che si chiude con una sanatoria delle violazioni etiche attraverso il sistema liberatorio parallelo delle purificazioni confessorie, espiatorie od esorcistiche (come nel nostro caso la ricorrenza penitenzale delle Ceneri).
Questo schema di infrazione ed espiazione ritualizzate è così essenziale alla convivenza di personalità individuale e società che lo ritroviamo fra le tradizioni più antiche di buona parte delle popolazioni e culture che si sono diramate dagli albori della preistoria in tutti i continenti dalle sedi originarie africane dell’umanità. Facendo perciò supporre che ne sia anche uno dei comportamenti primordiali connaturati.
È inoltre un comportamento solo all’apparenza profano, che ha invece dimensione sacrale anche se e quando irride apertamente al sacro. Perché la sospensione temporanea delle regole è eccezione concessa dalle loro fonti etiche, e come tale ne conferma la legittimazione: la breve liberazione controllata del caos dimostra la necessità di trarne l’ordine: ordo ab chaos. Questa pratica viene perciò associata simbolicamente a ricorrenze cosmologiche delle diverse culture, nel caso del nostro Carnevale al termine del ciclo festivo del solstizio d’inverno (qui gli approfondimenti).
Le diverse forme culturali di questa liberazione condizionata dei comportamenti hanno a loro volta uno schema fondamentale comune, che include l’infrazione personale e quella consociativa. La prima è la mascherata ed azione individuale, l’altra quella organizzata collettivamente, anche con simboli o manufatti comuni. Proprio come li vediamo tuttora conservati rispettivamente negli usi dei travestimenti singoli, dei gruppi carnevaleschi e dei carri allegorici.
Anche per il Carnevale siamo quindi di fronte ad una festa che ha riferimenti antropologici, culturali e spirituali antichi e profondi sotto apparenze sempre più banalizzate dalla regressione consumista profana dei comportamenti e del sapere.
Ricordarselo, ed incominciare a tenerne conto, potrebbe forse servire anche a migliorare la qualità e la percezione altrimenti in decadimento di quest’unica ritualità trasgressiva annuale che ci rimane dall’inizio dei tempi. Buon carnevale a tutti.

Con una raccomandazione fondamentale di sopravvivenza: quando cade in febbraio è meglio vestirsi da orso o da coniglietto che da ballerina.

(P.G.P.)


© 27 Febbraio 2011

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