La Voce di Trieste

Luigi Lucheni e le sue memorie

Dietro il libro di Corrado Truffelli, Vita e morte dell’assassino di Sissi Luigi Licheni (Fermo Editore) c’è una storia molto curiosa che riguarda le memorie che l’anarchico autore dell’uccisione di Elisabetta d’Austria scrisse durante la sua detenzione. Lo scritto venne pubblicato nel 1998, a Parigi, in lingua francese, proprio nel centenario del delitto avvenuto il 10 settembre 1898, con il lungo titolo Luigi Lucheni/ Memorie di un ragazzo abbandonato/ alla fine del XIX° secolo/ raccontate da lui stesso/ precedute e seguite da/ la storia dell’assassino/ di Elisabetta, detta Sissi,/ imperatrice d’Austria e regina d’Ungheria. Da dove arrivava? Come mai era scomparso per così tanto tempo? E cosa contenevano quelle pagine? Il manoscritto compì un curioso giro e passò di mano in mano, fino a quando, nel 1998, viene finalmente pubblicato. Al suo interno si trova il racconto autobiografico che Lucheni fece della sua vita, o meglio, dei primi 14 anni della sua esistenza. Purtroppo non riuscì a portare a termine l’opera in quanto morì nel 1910, suicida o, come si dice, suicidato. La seconda parte del libro, quindi, ricostruisce il resto della sua vita, fino alla morte, grazie a documenti dell’epoca e alla consultazione di una gran mole di materiale. Nelle pagine del libro di Truffelli, quindi, è possibile ripercorrere la vita di questo personaggio che Cesare Lombroso, discusso e discutibile antropologo criminale, incluse nella categoria dei “regicidi”. Nel raccontare la sua esistenza, però, Lucheni non cercò affatto l’assoluzione né affrontò il tema del pentimento: con un linguaggio ricco di metafore e citazioni, scritto ovviamente con lo stile del tempo, Lucheni appare combattivo, ironico e quasi sprezzante fino a ritenersi quasi un “benefattore dell’umanità”. Grazie alle parole dell’anarchico, inoltre, è possibile conoscere meglio la situazione sociale di fine ‘800, le difficoltà e le contraddizioni di un mondo spesso ingiusto che alcuni cercarono di cambiare seguendo anche la via della violenza. Ma come mai Truffelli si è interessato a Luigi Lucheni? «Sono il responsabile di una piccola associazione di volontariato, Centro studi card. A. Casaroli, che ha sede a Bedonia, nell’Appennino parmense – dice l’autore – questa zona, per secoli, ha alimentato un vastissimo flusso migratorio, come si può vedere nel sito www.emigrazioneparmense.it. Abbiamo cercato di dar vita ad un piccolo “centro di documentazione” per raccoglierne la memoria e promuovere qualche ricerca e pubblicazione in proposito». Ed è proprio in tale ambito che Truffelli si imbattè nelle memorie di Lucheni: «La prima, ovvia, preoccupazione è stata quella di verificarne l’attendibilità consultando gli archivi parmensi. Sono rimasto stupefatto nel constatare la straordinaria precisione dei ricordi (nomi di persone e di luoghi, date, ecc.) di quei ricordi scritti in carcere, durante una detenzione che durava, ormai, da dieci anni, e che si riferivano ad eventi vissuti durante l’infanzia». Tra i molti aspetti che l’hanno colpito, Truffelli ricorda «innanzitutto, la descrizione, a tratti veramente lancinante, di una vita che non era soltanto quella di un ragazzo abbandonato, ma anche di una società contadina, quella della nostra montagna, che era al limite della sopravvivenza. Ho cercato, allora, di raccogliere tutti gli scritti e i documenti che sono riuscito a raggiungere per delineare, nel modo più preciso possibile, l’assurda vicenda della vita di Lucheni e della sua folle ambizione di emancipazione e di riscatto. Non ho scritto un romanzo, non ho concesso nulla alla fantasia: ho soltanto ordinato e riportato ciò che ho trovato, a mio vedere assai eloquente. Ne sono usciti anche elementi di ulteriore conoscenza della vita, per molti aspetti miserevole, dei nostri emigranti. Al fondo – conclude Corrado Truffelli – rimane l’amara riflessione di Lucheni su quella sorta di trahison des clercs per cui coloro che dovrebbero applicare le buone leggi le usano invece degli sfruttatori o degli aguzzini: “I buoni, anziché trovare dei protettori, divengono la preda degli oppressori”, riflessione che Lucheni poté compiere su ciò che gli era accaduto nell’infanzia, ma non sull’ulteriore tradimento che gli avrebbe stroncato la vita».

© 18 Gennaio 2018

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