La Voce di Trieste

Trieste e lo sciacallaggio politico del PD sul “caso Regeni”

Analisi di Paolo G. Parovel

Esponenti politici, intellettuali e media italiani di sinistra hanno scatenato una pesante campagna di critiche verso Trieste perché il nuovo sindaco della città, Roberto Dipiazza, ha tolto dalla facciata del palazzo comunale uno striscione politico sul caso di Giulio Regeni, studente italiano trovato ucciso al Cairo nel febbraio 2016.

In realtà quel sindaco ha avuto il coraggio di non assecondare più le speculazioni politiche e mediatiche organizzate ed imposte sulla morte di quel giovane dal Governo e dal partito di Matteo Renzi e di Debora Serracchiani (che ha reagito esponendo sul vicino palazzo della Regione, di cui è presidente, lo striscione tolto dal sindaco).

Le operazioni politiche italiane sul “caso Regeni” non sono inoltre né umanitarie, né innocue, perché utilizzano la tragedia di quel giovane e della sua famiglia per tentar di delegittimare l’attuale Governo egiziano, che ha una funzione fondamentale per la stabilizzazione del focolaio di guerra del Medio Oriente.

Questa vicenda è perciò anche un elemento di valutazione dei rischi strategici generati dalla crisi strutturale dell’Italia, che vanno misurati sia sui parametri economici disastrosi, sia sui livelli di irresponsabilità dei suoi politici, dei suoi intellettuali e dei suoi mass media.

Che cos’è il “caso Regeni”

Sulla costruzione politica italiana del “caso Regeni” abbiamo già pubblicato in italiano ed inglese due brevi analisi che continuano a suscitare interesse e consenso internazionali, intitolate: “Perche l’Italia corrotta tenta di indebolire l’Egitto” (LINK) ed “Egitto: il falso caso Regeni ed i ricatti politici italiani“ (LINK).

In sintesi, Giulio Regeni era uno studente italiano in missione di studio al Cairo, città di 20 milioni di abitanti, dove venne trovato ucciso da ignoti il 3 febbraio 2016, ma il Governo italiano ha delegittimato immediatamente le indagini accusando l’attuale Governo militare provvisorio dell’Egitto di avere ordinato l’omicidio e di voler “nascondere la verità”.

Lo stesso Governo italiano nega però che il giovane svolgesse attività politiche o di intelligence. Dovrebbe essere quindi evidente che le accuse italiane al Governo egiziano sono soltanto un’operazione di sciacallaggio politico su quello che è, sino a prova contraria, un delitto comune.

Umanitarismo a rovescio

Ma quest’evidenza non ha imbarazzato le schiere di politici, intellettuali, giornalisti, comitati ed associazioni italiani (inclusi i rappresentanti di Amnesty International) che sono si sono allineati al loro governo per sostenere sulle piazze, sulla stampa ed in televisione le accuse contro l’Egitto esibendo manifesti e striscioni con lo slogan   “Verità per Giulio Regeni”, e che ora attaccano ferocemente il sindaco di Trieste perché l’ha tolto dalla facciata del municipio.

Eppure basta un’analisi elementare dello slogan per capire che non è una richiesta umanitaria, ma propaganda politica. Non chiede infatti la “giustizia”, che dipende dall’esito delle indagini e dei processi sull’omicidio, ma la “verità”, e questo significa delegittimare a priori i risultati delle indagini. Che potrebbero anche portare in direzioni sgradite al Governo italiano.

Tutti coloro che sostengono quest’operazione ingannevole del Governo italiano credendo di difendere la verità ed i diritti umani farebbero dunque bene a ripensarci, invece di prendersela col sindaco che ha rimosso lo slogan dal municipio di Trieste.

Perché rischiano di trovarsi invece ad avere coperto sia i veri responsabili dell’assassinio dello studente Giulio Regeni, sia attività di sfruttamento del focolaio di destabilizzazione internazionale più pericoloso del pianeta.

E la verità su Trieste?

Da Trieste, infine, è doveroso osservare chi sono i politici, gli intellettuali, i giornalisti, i comitati e le associazioni più impegnati a sostenere le facili propagande del Governo italiano sulla “verita” per Regeni, triestino per nascita.

Perché sono gli stessi che nascondono o non hanno il coraggio di denunciare la verità sugli abusi gravissimi che l’amministrazione del Governo italiano commette da decenni a danno della vita e del lavoro degli altri 250mila cittadini del Free Territory of Trieste (LINK).

© 10 Ottobre 2016

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