La Voce di Trieste

Perché tre deputati vogliono inserire nella legge su Taranto sdemanializzazioni portuali a Trieste?

di

La notizia, propagandata il 10 dicembre dal quotidiano di Trieste il Piccolo, è che in occasione della legge urgente su Taranto il terzetto di deputati triestini assortiti Menia (Fli), Rosato (Pd) ed Antonione (ex Pdl) vuole tentare, con «manovra in stretto contatto col sindaco Cosolini» (Pd) un «ultimo disperato assalto» al Parlamento per ottenere la sdemanializzazione illecita del Porto Franco Nord di Trieste, Adria Terminal escluso, e quella della banchina portuale della Ferriera di Servola.

Il trucco consisterebbe infatti nell’inserire nei prossimi giorni un emendamento apposito nella legge su Taranto, dopo abortito un precedente tentativo segreto (ma denunciato dalla Voce) dello stesso Cosolini col governatore Tondo (Pdl) e il Ministro Passera di inserire un emendamento governativo a sorpresa nella legge di stabilità.

Lo scopo è quello consegnare vaste aree fronte mare alla speculazione edilizia ed immobiliare privata sottraendole allo Stato e al lavoro portuale. I tre deputati promotori tentano ora di rafforzare l’emendamento ingannevole facendolo sottoscrivere al maggior numero possibile di colleghi ignari del Pd, del Pdl, di Fli ed altri partiti, con l’auto di parlamentari già coinvolti in appoggio all’operazione speculativa come l’ex ministro Franco Frattini.

È quindi il caso di spiegare tempestivamente agli ignari dentro e fuori il Parlamento e il Governo come stanno le cose, prima che si trovino coinvolti in quella che è in realtà il più grosso tentativo di speculazione edilizia e immobiliare costiera d’Italia, su beni appunto demaniali e pure illecita perché sono per buona parte vincolati a destinazione portuale da accordi internazionali.

Tutte cose che i promotori si guardano bene dal rappresentare, come il fatto che si tratta di operazione perciò denunciata dal gennaio 2012 alla Procura di Roma nelle ipotesi di “tentata truffa pluriaggravata allo Stato e a terzi in violazione di accordi internazionali e della legge n. 17/1982, con abbondanza di prove analitiche e documentali che individuano anche connessioni dell’affare − da 1,5 miliardi di euro − alle reti nazionali di turbativa degli appalti e della pubblica amministrazione riferite ad Angelo Balduci e Luigi Bisignani.

Da quanto in denuncia risulta infatti che l’operazione è stata avviata dodici anni or sono e viene perseguita con straordinaria ostinazione da una rete trasversale di politici, imprenditori, pubblici amministratori e rappresentanti istituzionali, con l’espediente principale di deliberare illegittimamente l’urbanizzazione delle aree in sede di amministrazioni locali e appaltarle in concessione ignorandone i vincoli demaniali e di diritto internazionale.

Pretendendo poi l’eliminazione dei vincoli con campagne disinformative politiche e di stampa appoggiate allo stesso quotidiano locale, accompagnate da pesanti sabotaggi politico-mediatici del rilancio del Porto Franco, e da tentativi di ottenere con espedienti ingannevoli scorciatoie legislative improprie, come prima con la legge di stabilità ed ora con quella su Taranto.

Ma all’anomalìa primaria dell’operazione in sé, il cui svolgimento sino a questo punto fa già presumere la necessità logica di vario genere di corruzioni quantomeno nelle strutture pubbliche che avrebbero dovuto impedirla, se ne aggiungono altre due non meno vistose, ed ancor più immediate.

La seconda consiste nel fatto che mentre la crisi economica ha reso ormai necessario rilanciare il porto franco e tolto mercato alla speculazione edilizia pretesa, i tre deputati, il sindaco e i loro partiti e clienti insistono a sostenerla così “disperatamente” da osare pubblicamente nei mesi scorsi persino la falsificazione spudorata delle posizioni contrarie espresse dal governo nella Commissione esteri del Senato, e l’organizzazione di “marce di sfondamento” della cinta doganale del Porto Franco Nord. E sempre con l’appoggio propagandistico addirittura indecente del quotidiano locale, giunto a colpire con pesanti invenzioni diffamatorie la contraria Presidente dell’Autorità Portuale, Marina Monassi.

La terza anomalìa è che, come abbiamo già avuto modo di scrivere, se gli stessi fatti si svolgessero in una città portuale dell’Italia del Sud avrebbero suscitato scandalo e ovvie attenzioni investigative, mentre qui invece vengono fatti passare impunemente per normali, e la rete trasversale di protagonisti degli “assalti disperati” speculativi a danno del lavoro portuale viene presentata come una consociazione benefica di politici e partiti disinteressati.

Ed è proprio quest’ultima stranezza che inquieta ancor più l’opinione pubblica triestina facendone lievitare gli altrettanto ovvi sospetti di camarille e corruzioni. Sui quali vengono rivolti interrogativi pure alla Voce, che non ha tuttavìa elementi sicuri per rispondere e deve far salve le doverose presunzioni d’innocenza.

Ma può e deve chiedere, e qui chiede ufficialmente, accertamenti e istituzionali. A partire dall’anomalìa evidente di tre deputati che pretendono di inserire nella legge su Taranto sdemanializzazioni portuali a Trieste.

© 12 Dicembre 2012

Galleria fotografica

La locandina

Sfoglia online l’edizione cartacea

Accedi | Designed by Picchio Productions
Copyright © 2012 La Voce di Trieste. Tutti i diritti riservati
Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Trieste - n.1232, 18.1.2011
Pubblicato dall'Associazione Culturale ALI "Associazione Libera Informazione" TRIESTE C.F. 90130590327 - P.I. 01198220327
Direttore Responsabile: Paolo G. Parovel
34121 Trieste, Piazza della Borsa 7 c/o Trieste Libera
La riproduzione di ogni articolo è consentita solo riportando la dicitura "Tratto da La Voce di Trieste"