La Voce di Trieste

Piccioni e spaventi

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Accade giovedì 18 agosto a Trieste. Una ragazza di 15 anni, S.L., si reca  al cinema per rilassarsi assieme ad un’amica. Mentre le immagini scorrono sull’enorme schermo, la ragazza avvisa l’amica che per esigenze fisiologiche deve andare alla toilette. Una volta entrata nell’antibagno nota che dalla finestra è entrato un piccione. Tranne un sobbalzo per lo stupore, la ragazza non si lascia intimorire, senza immaginare ciò che sta per accadere.

Il piccione, tra una battuta d’ali e l’altra, inizia ad attaccare la povera ragazza la quale cerca di proteggersi con le mani ed inizia ad urlare.

 

Si rifugia in bagno, chiudendosi dentro a chiave e, impaurita e tremante, cerca il cellulare per chiedere aiuto all’amica. Tentativo fallito per il tremore ed il panico più profondo che non le permettono neppure di digitare i tasti del cellulare. Si siede, inizia a piangere. Poi nota che dall’antibagno non giunge più nessun rumore.

A quel punto, la poveretta riprende coraggio e lentamente riapre la porta. Ma, una volta varcata la soglia con solo un passo, riecco l’aggressore presentarsi alle spalle, ricolpendo la ragazza ripetutamente, senza permetterle alcuna via di scampo. Fortunatamente a quel punto l’amica, preoccupata nel non veder ritornare S.L., si reca in bagno riuscendo a spaventare l’uccello e salvando la povera vittima.

S.L. ad oggi non riporta gravi lesioni, ma è ancora in  stato di shock.

E’ un caso raro, ma ci serve per porre l’attenzione su questo scomodo “coinquilino” delle nostre città. I comuni piccioni sono stati la “posta aerea” dell’antichità. L’insieme dei colombi attualmente presenti nelle nostre città deriva dalla progressiva dismissione di allevamenti e colombaie, in passato utilizzati come mezzi di comunicazione e pure come scorte alimentari, a cui si sono nel tempo aggregati piccioni viaggiatori allo sbando ed altri scampati al tiro al volo. Al termine della II G.M., l’espansione urbanistica ed il consumismo, hanno fornito ai colombi una sempre maggior disponibilità di cibo e di luoghi per nidificare, con conseguente rapido aumento della loro popolazione, fino a divenire un flagello per centri storici e monumenti equestri d’Italia! La straordinaria capacità d’adattamento all’ambiente urbano, la facilità con cui trovano riparo (il loro habitat originario, ovvero falesie e pareti rocciose, è poco dissimile dai nostri palazzi), cibo e acqua, insieme alla mancanza di predatori naturali (a parte i gabbiani che di recente hanno iniziato ad apprezzare le loro carni..) e all’alto tasso di proliferazione, ha fatto diventare la presenza di questo volatile un serio problema.

Cornicioni, balconi, strade e tutto ciò che sta sotto i luoghi ove sostano rimane vittima delle loro deiezioni. Ottimo fertilizzante, il guano dei piccioni diventa tuttavia un’emergenza igienico-sanitaria quando si coagula a terra. E’ infatti un’ambiente ideale per miceti patogeni e parassiti, con tutti i problemi sanitari che ne possono derivare. Fra le malattie contraibili in un ambiente infestato da escrementi di piccioni possiamo elencare boreliosi, botulismo, criptococcosi, ornitosi, pseudopeste aviaria, salmonella typhimurium, toxoplasmosi. Ciò ovviamente non implica che chiunque passi nei pressi dei loro “ricordini” debba contrarre una di quelle malattie, si tratta però di un rischio potenziale da non sottovalutare assolutamente.

Ogni amministrazione pubblica, dal canto suo, corre come può ai ripari. Ma anche ove riescono ad instaurarsi efficaci le sinergie tra i comportamenti dei cittadini e gli interventi pianificati dai comuni, il problema non si risolverà mai in modo definitivo. Anche per la pervicace tendenza di questo volatile a riprodursi, facendo spietata concorrenza ai proverbiali conigli in materia di prolificità: il piccione infatti cova fino a 9 volte l’anno, ad eccezione dei mesi di ottobre e novembre, in cui per nostra fortunata si concede una pausa. Il periodo più intenso per la deposizione delle uova (2 alla volta, bianche, covate per 17 giorni) è invece tra marzo e giugno.

E’ possibile praticare metodi “contraccettivi” che ostacolino la nidificazione: chiudendo gli anfratti che si trovano sulle pareti delle case, apponendo reti a sottotetti, finestre (soprattutto delle case abbandonate), utilizzando dissuasori (punte metalliche o plastiche arrotondate) su cornicioni e parapetti. E’ scontato poi che è meglio evitare di scuotere fuori da balconi, atri e per strada,  tovaglie piene di briciole di pane e ancor più evitare di dare di proposito da mangiare ai piccioni.

La tecnologia attuale mette poi a disposizione diversi sistemi, meccanici (bande con spilli e piani inclinati), elettrici (campi elettrostatici) e a ultrasuoni per allontanare questi volatili.

E così, nella difficile convivenza umano-pennuto, c’è chi scatta romantiche foto a Venezia in mezzo ai piccioni, tenendoli in mano o sulla spalla, chi invece muore per le malattie che portano e chi, come la nostra povera ragazza, viene proditoriamente aggredito.

© 19 Agosto 2011

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